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17 OTTOBRE: LA MARCIA DEI “DESCAMISADOS” E IL GIORNO DELLA “LEALTÀ”
Era il 17 ottobre del 1945 quando una straordinaria mobilitazione popolare, contro gli ordini militari e disattendendo l’organizzazione sindacale, decideva di occupare pacificamente Playa de Mayo, a Buenos Aires, per protestare contro i governanti argentini, rei di aver illegittimamente tratto in cattura uno degli esponenti politici e militari del tempo, il Generale Juan Domingo Peròn. Una giornata che passerà alla storia per il popolo argentino – il quale si appresta a recarsi alle urne il prossimo 22 ottobre – in ragione della coraggiosa protesta, ricordata come il Giorno della lealtà e alla cronaca nota anche come la marcia dei descamisados (scamiciati) poiché gli uomini presenti sul posto rimasero a torso nudo a causa del gran caldo.
Al di là dei simboli e delle narrazioni teatrali, ciò che deve rilevarsi è l’importanza che quella marcia ha rappresentato, non solo per il popolo argentino, ma anche per la democrazia e il progresso sociale in senso lato, in particolare in un paese dove i diritti dei lavoratori e la sovranità politica erano fortemente compressi dal mondo industriale e militare e dalle ingerenze di potenze straniere. Infatti, nelle successive elezioni del febbraio 1946, il peronismo si incardina, sin da subito e senza andar più via, in modo profondo all’interno della società argentina, a cominciare dalla classe operaia che vede i propri salari e i propri diritti crescere repentinamente. Al contempo, con l’avvento di Peròn (di sua moglie Evita) e del Partido Justicialista alla guida del paese, si registra un incremento senza precedenti per l’economia argentina, dovuto in gran parte alla forte strategia interventista a opera del pubblico potere. Una strategia che consente all’Argentina di riprendersi da una situazione sociale difficile e di imporsi anche sullo scenario internazionale quale forza autonoma ed indipendente.
Tra le misure economiche e sociali più importanti devono ricordarsi la nazionalizzazione del Banco Centrale; delle ferrovie e dell’energia; l’istituzione di un servizio sanitario nazionale; un’estesa realizzazione di edilizia popolare e un investimento costante nell’istruzione, rendendo diffuso anche l’accesso all’università. Si tratta di misure attuate attraverso il noto plan quinquenal, realizzato sotto la presidenza Peròn, con l’ausilio di Miguel Miranda (soprannominato “Zar de las finanzas argentinas”, come riportato dallo stesso J.D. Peròn, La fuerza es el derecho de las bestias, Montevideo, 1958, p. 36), e che consentivano al paese del Sole di raggiungere l’emancipazione economica, politica e il contestuale inserimento e la partecipazione delle classi meno abbienti alla vita della nazione. Il tutto rinunciando volontariamente a ogni tipo di prestito, anche ingente, esterno e ‘condizionato’ (J.D. Peròn, op. cit., 35). Tale aspetto rappresenta sicuramente l’epicentro della presidenza Peròn e anche la relativa impossibilità di inquadrare detta ideologia, detto sentimento popolare all’interno di uno schieramento ‘tradizionale’ o in una determinata categoria politica. Probabilmente, questa forzatura non farebbe altro che tradire l’essenza stessa e il significato del peronismo, che mira a distinguere – se non a superare – le antiche ideologie che si erano rivelate inefficaci per la risoluzione della crisi politica, economica e sociale della argentina.
In sostanza, la programmazione economica si rivelava un mezzo efficace sotto numerosissimi punti di vista, a partire dall’incremento del benessere sociale, dell’affermazione di un’autonoma e indipendente politica economica e monetaria e, altresì, il mezzo più idoneo a garantire l’emancipazione sociale della classe lavoratrice. Questo si rese possibile proprio a partire da quel 17 ottobre, grazie alla protesta e alla volontà del popolo argentino, che decise coraggiosamente di ribellarsi all’ingerenza straniera e all’atteggiamento accondiscendente di buona parte dei suoi governanti, consentendo, di riflesso, la scarcerazione del proprio futuro leader.
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