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Germania: la sinistra esplode. Sahra Wagenknecht leader del nuovo partito
Sahra Wagenknecht viene considerata la figura politica al terzo posto nella popolarità presso l’elettorato tedesco. La controprova è che a parte i componenti del governo è l’unico politico tedesco un po’ noto in Italia.
Ha fatto parte della Linke, il partito di sinistra considerato più radicale fra quelli capaci di acquisire una rappresentanza e di entrare in maggioranze parlamentari, sia a livello federale che nei singoli Lander.
Personaggio tanto celebre quanto divisivo, massicciamente in rotta col suo vecchio partito, pare in procinto di rivoluzionare il panorama elettorale tedesco fondandone uno nuovo .
Secondo un sondaggio riportato al rispettato periodico Frankfurt Allgemeine Zeitung il 27% dei tedeschi potrebbe immaginare di votare tale nuovo partito. Tale dato, fornito dall’istituto di ricerca Insa per “Bild am Sonntag” confermerebbe un analogo sondaggio di YouGov secondo cui quasi un elettore su tre (29%) nella parte orientale della Germania – che ha costituito tanto una roccaforte della Linke che lo scenario di maggiore ascesa de di AFD, il partito considerato di destra estremista – potrebbe votare il nuovo soggetto di Wagenknecht. In Occidente sarebbero “solo” del 19%. Che già è un miraggio incredibile per i piccoli partitini connotati come anticapitalisti in tutto l’Occidente.
Tali cifre vanno prese con le molle: i sondaggi elettorali, già generalmente soggetti a incertezza, sono particolarmente inattendibili con i partiti esordienti o che comunque possono non superare gli sbarramenti: l’elettore medio ha paura di “disperdere il voto”, e così molte volte un reale sostegno elettorale deve fare i conti con la paura di vedere la vittoria di quello che è percepito come il “male maggiore”, votando il “male minore “. Ma cosa è mai oggi il male minore?
Il contesto sembra favorevole. Nell’ultimo anno e mezzo Wagenknecht si è posizionata come una dura critica alla politica filo-ucraina del governo federale e alle sanzioni energetiche contro la Russia.
Negli anni precedenti, come rappresentante della Linke, aveva bersagliato la allora Cancelliera Merkel di critiche per le politiche di austerità e la gestione della crisi del debito europea. Un suo torrenziale discorso contro il governo del 2014 è diventato famosissimo sui social, sottotitolato in più lingue.
Ma rispetto al classico posizionamento di sinistra radicale si è sempre più differenziata, con posizioni più restrittive verso l’immigrazione e meno devote alla transizione ecologica, incentrandosi sulla prospettiva di classe rivolta ai ceti subalterni e rigettando l’edulcorato idealismo europeista.
Nel 2018 Sahra assieme al collega di origine italiana Fabio De Masi (che in un incontro in Italia aveva definito i Verdi tedeschi “un partito liberale che fa la raccolta differenziata”) aveva fondato un movimento affine alle sue idee chiamato Aufstehen (il cui significato suona un po’ “Solleviamoci”) preoccupato per la ascesa delle destre estreme e desideroso di recuperare un rapporto coi ceti lavoratori e disagiati come strategia per scalzare tale avanzata. Ma entrambi i parlamentari restarono nella Linke e Wagenknecht l’anno successivo lasciò la leadership del movimento, abbandonando la prospettiva di costruire qualche soggettività politica per dedicarsi ad altro, come la saggistica. Il suo libro contro la “sinistra liberale” è restato in cima alle classifiche della saggistica, e tradotto in italiano, come abbiamo dato puntualmente conto, e di cui abbiamo pubblicato l’introduzione. I tempi per lo strappo non erano maturi.
Stavolta sembra che siano arrivati. De Masi ha lasciato la Linke a fine 2022, e la FAZ riferisce di un procedimento di espulsione per Wagenknecht. Che non pare faccia molti sforzi per rimanere: negli ultimi mesi si rincorrevano voci sulla promozione di un nuovo partito – presumibilmente orientato a concorrere alle elezioni europee del 2024. La stampa tedesca riporta che lunedì 23 ottobre una conferenza stampa ha lanciato la Bundnis Sahra Wagenknecht, una associazione esplicitamente finalizzata alla fondazione di un nuovo soggetto politico.
Il contesto europeo e nazionale spiega tale accelerazione. Il sostegno all’Ucraina e alla politica di sanzioni decisamente spinta dalla Commissione europea hanno costituito il principale clivage politico dell’ultimo anno e mezzo.
Nel frattempo, la popolarità della coalizione a semaforo tra gli elettori è scesa al livello più basso dalle elezioni federali. L’SPD (ora al 16%) e il FDP (il 5%) hanno perso ancora consenso, mentre i Verdi restano al 13%. Ciò significa che solo un elettore su tre sceglierebbe ancora uno dei partiti di governo. Nelle elezioni federali di due anni fa la percentuale era del 52%. E anche l’insoddisfazione nei confronti del governo nel suo complesso sta raggiungendo livelli inauditi. Secondo Insa, in Germania il 71% dei tedeschi è insoddisfatto della attuale coalizione, solo il 24% è soddisfatto.
I motivi non sono di carattere meramente ideale. Come abbiamo scritto l’anno scorso la Germania ha visto un deficit commerciale, fenomeno inaudito dai primi anni Novanta. Nel 2023 dopo due trimestri consecutivi di mancata crescita il governo ha gettato la spugna e ha dovuto ammettere una diminuzione del pil di -0,4% per l’anno in corso. Quella che un tempo veniva dipinta come “locomotiva d’Europa” e additata come modello (“facciamo come i tedeschi”, ricordate?) vede cadere i propri indici economici e si vede soggetta a rovinose delocalizzazioni. E non occorre essere geni dell’economia per vedere il legame con il rialzo dei beni energetici dovuto alle sanzioni adottate contro la Federazione Russa e al sabotaggio del Nord Stream, il gasdotto che riforniva la Germania. La Commissione europea scrive nelle sue previsioni economiche:
“L’economia tedesca ha ristagnato nel secondo trimestre del 2023, dopo un calo del PIL reale dello 0,1% nel primo trimestre. Per entrambi i trimestri la crescita è stata significativamente più debole del previsto. Le perdite dei salari reali hanno continuato a pesare sui consumi privati durante la prima metà del 2023. Inoltre, la debole dinamica della domanda esterna ha portato a esportazioni modeste. I consumi pubblici sono diminuiti nel primo trimestre. Da gennaio 2023, gli indicatori di fiducia per il settore manifatturiero hanno registrato una tendenza al ribasso. Ciò è stato particolarmente pronunciato nelle industrie ad alta intensità energetica. Lì lo shock dei prezzi energetici seguito alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha colpito in modo particolarmente duro. Anche dopo che questo shock si è attenuato, i livelli dei prezzi dell’energia sono rimasti elevati rispetto ai luoghi di produzione altrove, soprattutto al di fuori dell’Europa, con un impatto negativo sulla competitività.“
Non c’è troppo da stupirsi se di contro al collasso elettorale della maggioranza di Scholz è il partito di destra identitaria Alternativ fur Deutschland ad aver tratto il massimo vantaggio. Tale soggetto, dopo aver esordito con posizioni anti-euro ma con un profilo piuttosto liberale, ha virato verso un’opposizione radicale all’immigrazione – per questo stigmatizzato come xenofobo ed escluso dalle alleanze con la destra cristiano-sociale di establishment. Un posizionamento che dopo averlo proiettato oltre la doppia cifra sembrava un vicolo cieco che ne impedisse ogni ulteriore avanzamento. Finché la bancarotta del governo Scholz non ha determinato le condizioni per un vero e proprio sfondamento elettorale della AFD che ora ha il vento in poppa, viaggiando non solo sopra il 12% nei sondaggi, ma anche verso il 20% in alcuni Lander.
AFD dopo aver mostrato una forte opposizione alle politiche anti-Covid si oppone strenuamente al sostegno all’Ucraina, mietendo consenso ai partiti tradizionali, accusati di avere un atteggiamento servile – in effetti rivoltante – verso le politiche antirusse di USA e NATO. In questo contesto non è così fantastico immaginare una proposta politica di analoga contestazione delle politiche dominanti con un segno politico orientato al socialismo. Vedremo se è come Wagenknecht saprà gestire la situazione; le europee sono dietro l’angolo e la crisi morde. Più che mai.
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