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Cancelliamo la Giornata della Memoria

La Storia dell’umanità è costellata di stragi e stermini di civili e innocenti fin dai suoi albori. Dall’antichità fino addirittura alla diffusione dell’illuminismo – quando qualcosa iniziò molto lentamente a cambiare – i massacri erano considerati quasi come un male inevitabile, in alcune culture addirittura erano un vanto e una dimostrazione di potenza.
La violenza e la crudeltà come tratti delle società umane sono via, via diventati sempre più condannabili e provocano – giustamente – indignazione, sgomento, rabbia nei confronti dei carnefici ed empatia nei confronti delle vittime.
Nei tempi moderni sono fondamentalmente quattro gli elementi che intrecciati tra loro permettono di scatenare questi sentimenti nelle popolazioni: la vicinanza storica con i fatti; la vicinanza geografica; la vicinanza culturale con le vittime; la conoscenza e la testimonianza delle storie personali, dei nomi e talvolta pure dei volti di chi subisce lo sterminio. Più questi elementi sono marcati, più l’indignazione è forte nelle società.
Venendo alla nostra Giornata della Memoria, i fatti sono noti. Il 27 gennaio di 79 anni fa l’Unione Sovietica liberò il campo di sterminio di Auschwitz e mostrò alle opinioni pubbliche di tutto il globo le atrocità che erano rimaste nascoste tra le nebbie della guerra. 6 milioni di ebrei uccisi dopo innumerevoli torture e sofferenze, soltanto per “colpa” della loro origine. Non furono le uniche vittime dell’Olocausto nazista (o come preferiscono molti ebrei stessi, della Shoah). Anche Rom, omosessuali, disabili, vennero uccisi in quanto tali. Per non parlare dei prigionieri di guerra sovietici o degli slavi.
Una strage che ci dovrebbe fare riflettere, che per molto tempo lo ha fatto e che in parte, ma sempre meno purtroppo, lo fa ancora.
Oggi, infatti, pare che il senso di questa Giornata sia andato a perdersi. Sì siamo fortemente colpiti ancora dalle uccisioni di massa dei nazisti, abbiamo ancora nella nostra mente le storie personali, Anna Frank, le deportazioni di parenti, e via dicendo. Ma questo non incide più politicamente come un tempo. Non assume più un significato profondo di vera Memoria, tutt’al più un ricordo semi sbiadito di un tempo lontano, capace di illuderci che l’umanità è cambiata e che quella Storia non tornerà più. La Giornata della Memoria, una qualsiasi giornata della memoria di un qualsiasi evento catastrofico di crudeltà umana, dovrebbe avere una funzione diversa, però. Sì, il ricordo va bene. Ma il ricordo non basta. La Giornata della Memoria dovrebbe essere anche un anticorpo, un campanello d’allarme, oppure il rischio è che il tempo se la porti via e ne faccia sparire il significato molto prima di quanto non sarebbe fisiologico. Tra 400 anni probabilmente sarà normale che il 27 gennaio 1945 diventi una data meramente storica e che non susciti più nessun tipo di sentimento in chi verrà, come a noi non suscita particolare sentimento il genocidio degli Indiani d’America, per il quale non abbiamo nessuna giornata istituita in ricordo. Ma che ciò succeda tra 5, 10 o 20 anni non sarebbe normale. E in questo breve termine probabilmente non succederà, perché proseguiranno le commemorazioni istituzionali, i tg continueranno a parlarne, a scuola si farà informazione… Il rischio è, però, l’appiattimento più totale al mero ricordo, appunto.
La Storia insegna ma non ha scolari diceva Gramsci.
Se negli anni ’60 ci si indignava fortemente, si scendeva in piazza e il maggiore partito di opposizione prendeva posizioni estremamente dure contro il genocidio dei vietnamiti, oggi questa forza propulsiva non esiste più e la politica, i media e le istituzioni sono appiattiti su ciò che “conviene” e “non conviene”, senza affrontare i nodi dei problemi.
Oggi il messaggio è che bisogna sì indignarsi, ma soltanto quando le vittime sono “dei nostri”, meglio se considerate occidentali o vicine nei valori. E meglio ancora se a commettere le violenze sono personaggi o Stati “nemici” dell’Occidente. In questo caso l’indignazione non solo è sventolata da politica, media e istituzioni, ma c’è addirittura la pretesa che tutta la popolazione sia altrettanto indignata.
Ma se a Gaza vengono letteralmente sterminati i palestinesi in quanto tali, senza distinzione, con attacchi mirati a uccidere il più vasto numero di persone possibili, allora in quel caso sappiate che l’indignazione non serve perché Israele – che è “dei nostri” – ha il diritto di difendersi. Inutile, in questa sede, approfondire quanto questa guerra sia una guerra genocida, proprio volta al massacro e manco all’invasione. Inutile anche cadere nelle facili trappole delle vittime (della Shoah) che diventano carnefici, perché ovviamente è un’affermazione semplicistica. Anzi, oggi Israele fa torto alle vittime di quella Storia per i fin troppo facili accostamenti che si vengono a creare.
L’indignazione, dunque, non è più un sentimento che permette alle società di maturare consapevolezza e coscienza critica e permette loro di far sì che quella Storia terribile non si ripeta, ma è diventata un mero strumento di propaganda da utilizzare a piacimento. Per fortuna, i popoli non sono stupidi e sono molto più avanti dei propri governanti e un sentimento di indignazione vera per quanto succede in Palestina è ancora molto presente, soprattutto in Italia (purtroppo un sentimento che non ha sfogo politico). Ma l’obiettivo pare essere quello di soffocarla, anche al costo di prosciugare il vero significato della Giornata della Memoria. Sì, perché nessuno pretende di fare un’equazione matematica e dire che le vittime della Shoah di ieri sono uguali alle vittime del genocidio palestinese di oggi. La Storia e la crudeltà hanno tante forme di manifestarsi, tanti modi e tanti contesti. Sicuramente ci sono elementi comuni, ma questo è un discorso meramente intellettuale e che serve a poco, se non a fare della filosofia un po’ fine a se stessa. Ma l’indignazione e la rabbia che abbiamo provato per ciò che è successo ieri dovrebbe farci da anticorpo per evitare (se in nostro potere, o altrimenti per farci arrabbiare tanto) ciò che succede oggi. A questo dovrebbe servire la Giornata della Memoria. Memoria non semplice ricordo. Per evitare che succeda di nuovo, o a far sì che se succede di nuovo siamo pronti e consapevoli. Invece oggi la Giornata della Memoria rischia di diventare un feticcio ipocrita dove si annullano manifestazioni per sensibilizzare la popolazione su quanto accade in Palestina e si prende qualsiasi tipo di misura per evitare che se ne parli. Va detto. E va detto con la massima solidarietà a quelle vittime e a chi, ancora in vita, racconta quelle storie di ebrei innocenti ammazzati senza un perché.
Indignarsi per le stragi di oggi non vuol dire dimenticare quelle di ieri, anzi vuol dire avere colto perfettamente il significato della Memoria. Ma se oggi la Giornata della Memoria non serve nemmeno più a questo, ma a farci credere che ora siamo migliori di allora, cancelliamola prima del tempo, perché significa che la Storia se l’è già portata via e noi non siamo stati buoni scolari.
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