Prosegue la mobilitazione portata avanti dalla rete C.A.I.O..
Questa volta scendiamo per le strade di San Lorenzo per dire che, qualunque sia il risultato dei bandi, noi non ce ne andremo dagli spazi che abbiamo rigenerato.
L’amministrazione Gualtieri, a oltre 2 anni dal suo insediamento, ha elaborato 2 delibere sulla gestione del Patrimonio Pubblico (104/2022 sul Patrimonio e 102/2023 sui Beni comuni) che, invece di superare le difficoltà create dalla delibera 140/2015, varata dalla Giunta Marino, a chi aveva preservato e animava il patrimonio comunale, ripropongono gli stessi problemi. Le nuove normative, infatti, disattendendo le promesse elettorali rischiano di annientare la funzione sociale, prevista dall’art. 42 della Costituzione, degli immobili stessi. Questa funzione è garantita dalle realtà che animano questi spazi e che sono nuovamente sotto attacco da parte dell’attuale amministrazione che, con scelte politiche inaccettabili, ne mette a rischio la sostenibilità, l’attivazione civica e impedisce concretamente a nuove realtà non commerciali di fare comunità e rigenerare i propri territori. Per di più la delibera 104 permette ai privati profit di accedere ai bandi comunali dedicati alle realtà sociali, in spregio alla stessa definizione di patrimonio “indisponibile” che per sua natura giuridica lo vieterebbe. A ingenerare ulteriore confusione è subentrata la delibera capitolina sui Beni Comuni che, sul modello di quanto già fatto dalla Regione Lazio di Zingaretti, realizza una sorta di ‘corsia parallela’ di assegnazione di tipologie di spazi pubblici di diversa natura, su cui non esistono, fino ad oggi, documentazione accessibile, iter trasparenti o equa gestione. Nel percorso di definizione delle delibere della Giunta Gualtieri molte organizzazioni hanno ignorato le proposte di chi intravedeva i rischi legati al percorso intrapreso. Ci ritroviamo, così, in una nuova stagione di bandi, a gestire richieste di conciliazione di debiti maturati – nonostante le chiusure obbligate della fase Covid – e ad affrontare proposte di canoni stellari che nessuna realtà realmente non profit può sostenere, soprattutto nella congiuntura economica presente. Con questi affitti le realtà che stanno partecipando agli avvisi pubblici emanati dal Dipartimento Patrimonio, anche se risultassero assegnatarie di una nuova concessione, dovrebbero rinunciare e chiudere.
Chiamiamo a un’ampia mobilitazione a difesa del patrimonio pubblico per impedirne la privatizzazione e a salvaguardia delle realtà che negli ultimi venti anni – pandemia compresa – hanno contribuito alla tenuta sociale, alla crescita culturale e alla costruzione di legami mutualistici e solidaristici che rappresentano la ricchezza e, spesso, la salvezza di tanti territori.
Per questo:
• è necessaria una normativa unica, che garantisca trasparenza, equità e certezza nei processi di assegnazione che superino, in via definitiva, ogni forma di bando aprendo a tutti eventuali strumenti alternativi di cui vanno chiariti applicabilità e portata;
• è necessario parametrare i canoni non soltanto alle consistenze immobiliari ma ai bilanci e alle quote associative relative ai servizi, per non costringere alla chiusura chi opera in contesti svantaggiati o su fasce sociali impoverite;
• è necessario individuare un meccanismo di riconoscimento dei lavori di ristrutturazione e manutenzione svolti in economia dalle realtà insediate, che hanno aumentato il valore commerciale degli spazi e sulla base dei quali oggi viene richiesto un canone maggiorato;
• è fondamentale riconoscere il valore sociale specifico delle palestre popolari inserendo le Associazioni Sportive Dilettantistiche nell’elenco dei soggetti che possono presentare la domanda di concessione.
La vicenda degli spazi sociali è emblematica della mancanza di visione e di un’idea di città da parte dell’attuale Amministrazione, che in molte delle sue scelte politiche e di investimento si è fatta garante di interessi di parte che non mettono al centro delle politiche pubbliche il benessere delle cittadine e dei cittadini di Roma. Tante sono, infatti, le vertenze aperte che agitano la città: dall’inceneritore di Santa Palomba, al biodigestore di Casal Selce, la cancellazione del Parco di Pietralata attraverso l’infrastruttura dello Stadio, il consumo di suolo con la trasformazione in edilizia residenziale di aree destinate a servizi, a San Lorenzo come all’ex Fiera di Roma, fino all’agonia dei teatri storici e alla chiusura di presidi culturali e sportivi come Scup e il Teatro Piccolo di Pietralata, solo per citare alcune delle realtà intervenute in Assemblea. L’Assemblea si impegna a una mobilitazione permanente condivisa, per moltiplicare le vertenze e le voci, per riconnettere le politiche ai bisogni e costruire, finalmente, una città per tutti e per tutte.
Il 24 febbraio saremo in piazza, quindi, per dire che Noi non ci stiamo e siamo INDISPONIBILI a
- IMPOVERIRE I TERRITORI
- ABBANDONARE GLI SPAZI POPOLARI
- PAGARE CANONI TRIPLICATI
- AL CLIENTELISMO
- CANCELLARE ANNI DI IMPEGNO SOCIALE
- DISPARITA’ DI TRATTAMENTO
- ALLA SPECULAZIONE DEI PRIVATI
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