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Quando a vincere è il Calcio!


22 Apr , 2024|
| 2024 | Sport

Mercoledì 17 aprile è arrivato l’ennesimo capolavoro calcistico targato Carlo Ancelotti prima ancora che Real Madrid. Ci tengo ad affermare questa sottile e netta separazione delle cose perché, come in ogni partita che si rispetti, le pedine mosse dagli scacchisti delle due squadre hanno manifestato un estremo prolungamento delle caratteristiche di gioco volute da entrambi gli allenatori. Chi ha avuto la lungimiranza di guardare attentamente la gara di andata rispetto a quella di ritorno, non si spiegava come mai il Real venisse dato così sfavorito di fronte a un Manchester City certamente brillante ma meno impeccabile rispetto al suo solito, ricordando anche la scorsa stagione dove riusciva a vincere partite anche “non” da City. A mio modesto parere la chiave, o meglio il trick, non consisteva tanto nel dominio totale del gioco ma nella sua interpretazione, al netto dei giocatori messi in campo quasi tutti fuoriclasse. Capisco che l’accettazione di un principio che deleghi il trionfo al gioco in sé piuttosto che al singolo, sia esso allenatore o calciatore, fa molta più presa soprattutto se si trovano sempre ragioni, quasi sempre banali, per giustificare il tutto. Non nascondo che anche io ieri ho tifato Real, semplicemente perché era vista come la “sfavorita”; e se l’anno scorso questo ragionamento poteva tornare, quest’anno penso ci sia stata un po’ di spavalda presunzione nel dare per vinto un il gigante più grande d’Europa.

Ripercorrendo la scacchiera della partita, abbiamo visto come nei primi 20 minuti il Real Madrid abbia dato sfogo a tutta la sua intensità di gioco, in soli tre passaggi di qualità, sul triangolo delle meraviglie Bellingham–Vinicius-Rodrygo, che in soli 13 minuti ha scompigliato totalmente i piani di dominio del gioco del City. Come si è visto nella prima partita, il City ha sofferto i cambi di gioco rapidi soprattutto quando perdeva palla nelle zone esterne del campo, perché tendeva a creare superiorità numerica per palleggiare e passare le linee; ma una volta conquistata palla i giocatori del Real non tentavano subito la verticalizzazione, bensì cercavano di far girare palla il prima possibile dall’altro lato per avere superiorità numerica o quantomeno creare svariati 1vs1.

Non sono mancate le contromisure in casa City che per quasi un tempo ha rischiato il colpo del KO ma – la lucidità del gioco e soprattutto la fiducia nel palleggio, vedendo il Real che si abbassava sempre più – hanno dato nuova vitalità alla squadra di Guardiola che nel secondo tempo ha totalmente eclissato il Real Madrid dal punto di vista del gioco, lasciando agli spagnoli soltanto la ripartenza nel caso estremo, sicuri che nell’uno contro uno Walker avrebbe avuto la meglio su Vinicius: ed infatti così è stato. Il pareggio raggiunto meritatamente dal Manchester City ha rimesso in equilibrio le cose: infatti l’occasione sui piedi di De Bruyne al 84° avrebbe assicurato il passaggio del turno al City; e di questo ne sono convinti tutti, anche i più acerrimi “nemici” di Pep. Proprio sul volto dell’allenatore catalano calava una rassegnazione quasi piacevole che, tuttavia, sembrava essere in preda alla disperazione del momento. Consapevole che quella sarebbe stata probabilmente l’ultima occasione concreta che la sua squadra avrebbe avuto per segnare, al momento dell’intervallo, prima dei tempi supplementari, Guardiola richiama a sé tutti i giocatori quasi per provare a motivarli, chiedendo loro un ulteriore sforzo per ricreare l’occasione mancata nel finale di partita, ma il copione adesso recitava un protagonista differente. Ancelotti dal canto suo era  in disparte rispetto al collettivo che avevano formato i giocatori nell’intervallo. Si avvicina per dire alcune cose a tutti i giocatori in centro (probabilmente parole di fiducia e di carica agonistica) ma dura solo pochi istanti; infatti si vede come, subito dopo, l’allenatore del Real richiami uno per uno tutti i giocatori chiave e disponga indicazioni ben precise su come stare in campo. Ammetto che il cambio Vinicius per Vasquez mi aveva un po’ sorpreso, soprattutto perché mi chiedevo come mai non facesse uscire Carvajal, ammonito, che stava dando una cattiva performance ed era anche infortunato. Invece Ancelotti, come spesso accade, aveva dato un’altra prova dello strapotere del Real imponendo al City l’1-1 fino ai rigori, dove evidentemente la squadra di casa e il suo allenatore non sono arrivati preparati né fisicamente né mentalemente. Il gigante bianco del Real Madrid aveva oltrepassato la barriera dei 120 minuti mantenendo alto il muro costruito accuratamente per l’occasione. Si può parlare di lotteria dei rigori, certamente, ma questo è un altro dei luoghi comuni che vediamo ogni anno sempre più sgretolarsi per via di un’apparente ma illusoria parità. Che il City avrebbe perso se fosse andato ai calci di rigore probabilmente era nella mente di Guardiola come in quella dei giocatori, che come spesso accade sono in simbiosi con il loro allenatore, mentre da parte Real abbiamo visto come giocatori formati – con l’apporto di una guida esperta come quella di Ancelotti -non abbiano esitato a mettere il punto esclamativo su una serata a dir poco magica. Concludo sostenendo che nei due incontri tra Real e City il vero vincitore è stato il Calcio con la C maiuscola, nella sua essenza più totalizzante, più estetica e più pura. Le due interpretazioni massime del calcio giocato si sono affrontate al massimo della loro possibilità non risparmiando nulla all’avversario: è stata una grande dimostrazione che il calcio non è fatto solo di soldi ma anche di idee imprescindibili che vanno al di là; non di idoli visti alla stregua di robot pronti a fare sempre la giocata giusta, ma di persone come noi; e soprattutto che nulla è davvero deciso dall’inizio.

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