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Mattarella e le fake news


20 Giu , 2024|
| 2024 | Sassi nello stagno

La recente uscita del presidente Mattarella riguardo le fake news russe in Moldavia potrebbe essere commentata in più modi. Qualcuno potrebbe osservare per per l’Alta Carica sarebbe più consono spendersi a favore di una linea di politica estera conforme all’articolo 11 della Costituzione favorendo la distensione anziché entrare a gamba tesa nell’ambito della disinformazione, che – oltre ad essere materia altamente infiammabile – non parrebbe rientrare nel suo ruolo. Altri potrebbero chiedersi chi le dovrebbe stabilire tali “regole internazionali”.

Mattarella e le fake news

Quello che commenteremo è un articolo specifico come contributo ad un quesito più generale: chi l’ha detto che in Moldavia ci sono le fake news russe?

Il pezzo in questione è di Valigia Blu a firma di Francesco Guidotti, Moldavia, la guerra mediatica contro la propaganda e la disinformazione russa. È dell’aprile 2022.

L’articolo inizia spiegando cosa sia la Moldavia e come sia coinvolta dalla guerra in Ucraina: i rifugiati dal paese e il timore delle mire egemoniche russe su altri paesi.

Si passa al problema del giornalismo nel paese, in cui si distingue “un settore di giornalismo indipendente che cerca di affrontare la disinformazione filorussa”. Bene. Vediamolo questo giornalismo indipendente.

Si spiega che ci sono limitazioni alla libertà di espressione in una regione, la Gagauzia, in cui “Le autorità esercitano un controllo più stretto sull’informazione e i canali TV russi sono ancora ammessi”. Lo spiega “la giornalista Corina Cepoi, a capo delle operazioni moldave per Internews, organizzazione non governativa dedicata ai media internazionali”. 

Internews è una testata finanziata da una caterva di fondazioni e imprese tutte di area anglofona (Usa o Uk) e chiede esplicitamente la sponsorizzazione delle aziende.

Cepoi da parte sua è legata al moldavo Independent Journalism Center (IJC), che annovera fra i suoi finanziatori… gli Usa.

Mattarella e le fake news

Dopo una ricognizione sullo stato della libertà di stampa nell’area ex sovietica si torna sul tema: 

Il motivo della disinformazione russa è semplice: «Cercare di controllare la Moldavia e mantenerla nella sfera d’influenza della Russia. Il Cremlino lo sta facendo da anni, controllando le menti delle persone attraverso la propaganda in TV»

Chi asserisce questo è Anastasia Sani, vicedirettore dello stesso centro di giornalismo indipendente… finanziato dagli Usa.

Segue una descrizione della campagna elettorale, che sarebbe stata inquinata esclusivamente dalle fake news russe; a quanto pare i sostenitori della europeista Maia Sandu sono modelli di correttezza da concorrere al Pulitzer. A sostegno viene messo il link a un articolo di una piattaforma di articoli dedicati all’Europa orientale. Il problema è che l’autore è afferente a IWPR, una ong molto professionalizzata che ha sedi in Usa, UK e Olanda, e prende soldi tanto dalla Ue che dal ministero degli Affari Esteri di Uk. Non pare un esempio di indipendenza.

Proseguendo nella lettura, si apprende che il governo moldavo ha “dovuto” arginare la valanga di fake news con misure censorie: “sono stati bloccati siti e sono state date multe ai canali TV vicini alla Russia”. Si tratta di una sorprendente giustificazione della censura di Stato che a quanto pare se viene fatta da forze filo Ue va bene (quando sono i filorussi a farlo invece il tono è un po’ diverso).

Segue una perorazione un po’ lamentosa dello sviluppo di media indipendenti in Moldavia. Si fanno alcuni esempi, con la stupefacente affermazione per cui essi “ricevono la maggior parte o tutti i loro finanziamenti da donatori stranieri, come Open Society, l’Unione Europea o singole ambasciate come quella statunitense”. Come si possa definire indipendente un media finanziato da tali soggetti, incluse le articolazioni del principale paese militarista sul pianeta l’autore non spiega.

Viene citato poi un report sulla debolezza del giornalismo indipendente da IREX, definita“una ONG per lo sviluppo e l’istruzione”. Anche qui il problema è che la lista dei donatori sembra l’indirizzario di Davos: dalle più grandi aziende agli stati stessi, fra cui, immancabilmente, U.S. Agency for International Development (USAID) U.S. Department of State.

Tuttavia c’è un raggio di luce: varie inchieste su corruzione e simili ritenute valide e affidabili. Ma da chi? Da un progetto dello stesso IJC di cui abbiamo parlato.

Chiariamoci: avere dei finanziamenti da determinati soggetti non significa che essi ne determinano il 100% dei contenuti, né significa automaticamente un profilo di basso livello. Ma è impossibile ignorare il fatto che l’autore non citi una sola fonte, dico una, che tratti delle famose fake news russe che non sia pagata direttamente dagli Usa o dai loro tirapiedi come UK o Ue. Come funziona? Se uno non prende soldi dalle potenze dell’Occidente le fake news non le vede più?

Mattarella e le fake news

E’ evidente che c’è un problema.

Potremmo allo stesso modo raccogliere diverse fonti legate al governo russo che ci direbbero magari che è tutta colpa della disinformazione NATO: l’associazione filo russa, il giornalista anti-NATO, e così via. Avremmo due narrative parallele che non si incontrano. Ma senz’altro tale versione esiste nell’area opposta. Solo che i commentatori occidentali le considerano il risultato di autoritarismo e disinformazione. 

La difficoltà di un settore giornalistico indipendente e autorevole è senza dubbio un problema. In questo Valigia Blu ha assolutamente ragione. Ma la soluzione non può essere una adesione ad una guerra culturale/valoriale basata sull’essere pro o contro la Russia che “illumina” di veridicità e rigore ogni voce filo Ue/NATO/Usa (oramai pare che siano sinonimi). Anche perché in questo caso è assurdo lamentarsi quando dalla parte opposta accade lo stesso – a parti invertite.

Dare una connotazione di tal genere sicuramente è rassicurante: si innesta in una narrativa già accettata e non richiede grandi sforzi di comprensione. La complessità è schiacciata sulle categorie morali. Una comunicazione tipica della condizione di guerra, guai a porre dubbi e discorsi complessi.

Un articolo di Open Democracy pone in luce tutta una serie di problemi che contornano la questione riguardante la battaglia contro le fake news nel paese, che invece le fonti più nettamente occidentaliste ignorano a favore di una versione più rassicurante: i russi fanno la disinformazione e sono i cattivi, punto. Ma questo è un evidente allontanamento dalla realtà. 

Le narrative a senso unico non producono né giornalismo di qualità né pace. E’ tutta da sottoscrivere la chiusa dell’articolo sulla differenza fra chi fa giornalismo vero e chi è un mero ventriloquo del potere. “I primi lavorano molto, fanno l’informazione verificata, lo sforzo è grande, soprattutto perché il flusso di informazioni è enorme. I secondi invece hanno semplicemente riempito le pagine con materiale che gli è stato passato”. Ma vale per tutti, anche per i filo-NATO.

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