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Lettera a Demetrio Paolin

Caro Demetrio,
trovo che il Bisogno e la necessità (Tetra) sia il più weilliano dei tuoi libri. Lo smisurato senso d’insignificanza di un uomo, Antonio, caduto nella malheur, anzi gettato, proprio gettato in questa condizione di disgrazia che rende la persona non persona, ovvero impersonale, si risolve nel divenire la più avvincente e tremenda avventura della sua vita. La colpa, la vendetta delle Erinni, la caduta avvenuta nell’idea della vecchiaia, nella morte di un nonno, nella persecuzione degli esattori delle tasse, riportano l’uomo, Antonio, alla sua insignificanza, anche e soprattutto nei confronti della donna, Luisa.
L’esperienza del bianco si fa esperienza della morte impersonale, derealizzazione, perdita di cognizione dello spazio e del tempo, annullamento di ogni categoria morale. Ecco come smontare un uomo, un sindacalista che crede in certi ideali, che proprio ci crede, o crede di credervi, mentre diventa un furfante, e viene smascherato nel suo divenire nulla, perdere ogni identità. Ed ecco che nel finale del racconto sfolgora e deflagra il bianco: “Antonio guarda il video dove scorrono foto d’epoca e una su tutte lo cattura: uno scheletro di balena completamente pulito (cosa significa pulito, sentirsi puro ora, sono puliti e mondi gli uomini e le donne che incontra?, com’è che è bianco il bianco?, come può esserci qualcosa di più complesso del bianco, non riesci a definirlo a descriverlo, bianco è pulito, bianco è vuoto, vuoto e pulito e bianco: il corpo di suo nonno prima che stangassero la bara è vuoto, vuoto e pulito e bianco), gli ricorda il tetto della cattedrale di Notre-Dame che aveva visto con Luisa e con i ragazzi nell’ultimo viaggio che avevano fatto insieme, erano saliti a visitare il sottotetto della chiesa, un capolavoro dell’arte della falegnameria. Torna al pc, e riprende la mail e copia e incolla i vari codici così da non sbagliare, poi mette la cifra, 300 €, e salva, il pagamento deve essere fatto domani, quindi ha tempo, vuole farlo dopo mezzanotte come se fosse un capodanno, e così si mette sul divano, il suo corpo e i suoi occhi gli chiedono di dormire, lui guardava la televisione, cercando di vegliare, per sicurezza imposta una sveglia a mezzanotte, così se mai si assopisse sul divano, la melodia della sveglia lo farà alzare.” Non proseguo con la citazione per non rendere noto il finale già presagito in questo scorcio di flusso di coscienza in cui sei abilissimo a condurci nella mente del protagonista, laddove scopriamo gli abissi inconsci di quel che a un osservatore distratto sembrerebbe un semplice uomo qualunque, un uomo per bene con una vita qualunque; che diventa qualcuno nel suo divenire nessuno, nella disavventura più profonda e angosciante della sua esistenza. Il bisogno e la necessità, caro Demetrio, non sono altro che condanne, sbarre di prigione, ciò che resta dell’umano nel suo divenire chiunque. Ciò che resta nella vita sprovvista di grazia. Ciò che resta della vita un istante prima di morire. Come sempre sai dire le cose grandissime del cosmo, dell’esistenza umana, di Dio, con pochissime parole, senza nominare quell’enormità, ma entrando di sottecchi nelle turbe di una mente. Una mente è tutte le menti. Ogni uomo è un punto sul piano, una linea interrotta di trascendenza nell’immanenza.
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