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La banalizzazione dell’antifascismo


3 Lug , 2024|
| 2024 | Sassi nello stagno

Ieri, sul palco dell’Associazione Nazionale Partigiani italiani, è andato in scena quella che definirei l’ultimo episodio della banalizzazione dell’antifascismo, che segue a quella analoga del fascismo stesso, che sta caratterizzando questo secolo

Il presidente dell’associazione, Pagliarulo, ha proposto ai segretari dei partiti dell’opposizione presenti una nuova unità antifascista contro questo governo. Allora, uno potrebbe chiedersi il perché di una tale proposta estrema. Forse, perché staranno abolendo le elezioni o vi sono violenze di piazza contro gli oppositori, si propongono leggi razziste, si chiudono giornali, partiti o sindacati, vi si vedono uomini di governo che inneggiano palesemente a Mussolini o alle “cose buone” che avrebbe fatto e cose del genere, Tra questi esempi avrei voluto aggiungervi anche l’ipotesi che ci si stia preparando ad una partecipazione in guerra ma– ahimè! – quest’ultima cosa già ci coinvolge e con il consenso convinto di buona parte dell’attuale opposizione, in aperta contrasto con l’art. 11 della nostra Costituzione. 

Eppure, l’attuale governo non è lì a seguito di un colpo di stato o per un atto unilaterale del Capo dello Stato, come accadde con Mussolini ovvero con Monti o Draghi. Esso è lì perché ha vinto le elezioni. E sì: oltre alla sinistra, anche la destra può, evidentemente, vincere le elezioni ed esprimere un governo. E’ la democrazia, bellezza! A chi scrive spiace constatare che queste cose le faccia notare anche la Meloni, ma la cosa più grave e che non le faccia, invece, notare la sinistra; quella stessa sinistra che è stata protagonista, di governi, appunto, a dir poco democratici e caratterizzati da riforme antisociali.

Insomma, con la predetta proposta di Pagliarulo, che pare abbia riscontrato i consensi dei presenti all’iniziativa, si sta praticamente sostenendo il principio che la destra in Italia non può andare al governo e che, se invece ci arriva al posto della sinistra – a meno che quest’ultima non trovi spazi per aggirare il consenso democratico, ritornandoci attraverso un c.d. governo tecnico – nel Paese scatta l’”emergenza democratica”.

Tale atteggiamento, a ben vedere, pare in evidente contrasto con gli elementari principi democratici e della nostra stessa Costituzione, precisamente con il principio che la sovranità appartiene al popolo. Quella stessa Costituzione che in questi anni è stata, effettivamente, stravolta da riforme quali quelle sulla parità di bilancio, di cui all’art. 81, e sull’autonomia regionale degli artt. 117 e ss., su cui ora tanto ci si sta dibattendo, oltre alla riforma del 2016 poi bocciata dal popolo, ma volute tutte proprio dal PD.

Piuttosto, in quel convegno dell’ANPI sarebbe stato utile almeno individuare quegli eventuali atti parlamentari o governativi indicativi della presunta fascistizzazione dello Stato, a fronte dei quali si potesse dimostrare la necessità di un nuovo fronte antifascista. Ma questo non è stato fatto. Da antifascista mi ritengo molto preoccupato da tale banalizzazione del fascismo, oltre che dall’insofferenza delle regole della democrazia la cui accettazione si dimostra proprio nei casi un cui ci si trova a perdere le elezioni.

Infatti, queste posizioni delle attuali opposizioni sono indicative di una serie di presupposti e conseguenze negative.

La prima di queste è quella per cui il popolo non avrebbe sempre diritto ad esprimere i propri rappresentanti e che, qualora lo faccia in maniera “sbagliata”, esso diviene “brutto, sporco e cattivo” ed il relativo verdetto tacciato di “populista”.

Inoltre, se l’opposizione grida facilmente “al lupo al lupo!”, ossia al fascista, potrebbe accadere che se un giorno dovessero verificarsi davvero condotte politiche di stampo fascista o comunque fascisteggianti da parte di un governo, ovvero qualcosa che, seppur in forme diverse, ne ripercorresse la sostanza, pochi crederebbero davvero a un tale, questa volta giustificato, allarme e questo sarebbe davvero molto dannoso. Il rischio di giungere a non credere più agli allarmi – quelli veri – è la cosa che ritengo più preoccupante per il futuro e, a tal riguardo, l’attenzione va soprattutto alle giovani generazioni che, in qualche modo, ci guardano.

Infine, abbiamo anche visto che in Italia, ma anche in Francia, ogni volta che si sono create coalizioni “monstre” ovvero si sono fatti governi tecnici con la sola idea di battere le destre, queste ultime si sono rafforzate maggiormente e, specie in Italia – probabilmente anche grazie al nostro vizio specifico di inventarci tali governi tecnici – si sono anche radicalizzate (infatti, il partito dominante oggi a destra non è più Forza Italia ma Fratelli d’Italia). Anche conseguenza, questa, dell’abitudine di molti nel “votare il meno peggio per evitare che…”, mettendo così, giorno dopo giorno, la polvere sotto il tappeto.

Insomma, occorre – e ce n’è bisogno proprio per la tenuta della nostra democrazia e dell’unità del tessuto nazionale – che la sinistra capisca che in Italia, come d’altronde altrove, c’è una destra che può andare al governo, la quale, se ci va, fa cose, appunto, di destra. Inoltre, che si accorga che fare cose di destra non equivale necessariamente a fare cose fasciste. Ora, è vero che le radici di FdI, in qualche modo e seppur ormai indirettamente, provengono dal ventennio fascista e che dentro vi sono ancora personaggi che simpatizzano per tale periodo o che, di fronte a tale periodo, mantengono posizioni ambigue. Però penso anche che, specie di fronte al fatto che ormai FdI sia una forza di governo e che la linea Meloni sia quella di prendere le distanze da ogni forma di fascismo, sia saggio e conveniente, da parte di ogni sincero democratico, rafforzare e dimostrare credito a tale linea – pur proseguendo nella naturale opposizione alla loro politica – affinché questa prevalga. Sì, deve prevalere! Una Meloni che proviene dal MSI e che nel suo discorso di insediamento dice “Io non sono fascista”, io direi che è un ottima cosa, almeno per iniziare. Non era scontato e lo ritengo un passo avanti. Poi, la stessa presidente, lo scorso 25 aprile si è recata a trovare una partigiana, quest’anno ha fatto un bel discorso su Matteotti, e così via. Io ne approfitterei per far in modo che quel partito, pur di destra e proveniente dalla storia che si era detto, continuasse su questa strada, più che pretendere frettolosi atti di fede antifascista e indugiare su comode posizioni intransigenti. Per un’antifascista come me quei discorsi dell’attuale Presidente del Consiglio sono una vittoria, pur nella preoccupazione di tale destra al potere. Ritengo importante, piuttosto, incoraggiare l’integrazione di quel partito, anche quando non semplice, nel sistema valoriale di fondo della nostra Costituzione, anziché rimanere immobili nel “dargli al fascista” e trincerandosi su una mera posizione di rendita. A tal fine, occorre ammettere che era necessario che tale coalizione, in particolare FdI, passasse da responsabilità di governo come adesso. Ne va del superamento dell’attualità della questione antifascista, benché è bene che si rimanga sempre all’erta a riguardo. Questo perché è importante che sia chiaro che il fascismo è stato qualcosa di tremendo, antidemocratico, antisociale e anche antinazionale e che non può affatto, appunto, essere paragonato ad un governo Meloni. Occorre avere ben presente e da esserne sempre orgogliosi che il 25 aprile c’è stato, che il fascismo è stato sconfitto e che, certo, non bisogna mai abbassare la guardia sul punto, per cui sarebbe veramente inammissibile un governo di ispirazione mussoliniano. Ancor meno sarebbe da ritenere ammissibile che la contesa fosse ritornata quella dei primissimi anni ‘20 dello scorso secolo e, per fortuna, nessuno pensa nemmeno a  commettere omicidi politici.

Poi, rimane che quello stesso partito che propone provvedimenti deteriori come quelli sull’immigrazione, i condoni di vario tipo, premierato e autonomie differenziata, lo fa in ogni caso nell’osservanza delle regole della Costituzione. Sono provvedimenti fascisti? No. Sono di destra? Si. Tuttavia, avrei, d’altronde, un elenco di cose, secondo me, di destra fatte anche dal PD – in parte anche collegate ad alcune suindicate leggi – ma sui quali qui non mi soffermerò.

Sicuramente, quindi, vi è da fare una decisa opposizione a tali provvedimenti; ma credo anche che tale attività politica è da farsi al di fuori della logica emergenziale – tra l’altro, questa da tempo cara ai nostri ultimi governi – e accettarlo di fare sapendo che ogni cosa oggi permane ancora nella cornice costituzionale e che nessun partito politico propone di uscirne fuori.

Non ci si può scontrare a testa bassa contro quella che, comunque, è pur sempre la volontà popolare. Semmai, per i partiti di centrosinistra questo loro essere ritornati all’opposizione dovrebbe essere una opportuna occasione per una profonda riflessione su sé stessi, sui propri errori e del perché sono diventati così impopolari dinnanzi agli elettori. E su questo si aprirebbe un secondo capitolo della questione: ossia il motivo per cui i lavoratori hanno voltato le spalle alla sinistra. Se guardiamo almeno a questo secolo –  in realtà potremmo dire negli ultimi 30 anni – essi si sono visti ridurre i propri diritti, dal pacchetto Treu al “Jobs Act”, viste molte delle loro aziende privatizzate e poi in crisi, precarizzazione del lavoro, retribuzioni ferme e riduzione del potere di acquisto – peggioramento delle condizioni che hanno travolto per la prima volta nella Storia anche i lavoratori a partita iva – austerità, tagli ai servizi sociali, ecc. Ebbene, chi è stata la protagonista principale di queste riforme che, ci hanno raccontato, ci avrebbero portato più benessere? E’ superfluo ricordarlo. Certamente, la destra – quella politica – su questo non è stata sulle barricate, mentre la destra economica, i grandi industriali e la grande finanza, ha iniziato a guardare con molto favore – e comprensibilmente, a questo punto – il PD. Insomma, questo partito ha assunto la funzione di braccio armato dell’ondata neoliberista in Italia, come anche i suoi partiti analoghi nel resto d’Europa.

Dinnanzi a tutto questo e alla mancanza di una valida alternativa, la maggior parte degli elettori si sono divisi tra il rifugio nell’astensionismo e l’illusione del voto a destra. Di conseguenza, riproporre grandi coalizioni in funzione dichiaratamente antifascista rischierebbe fondatamente di identificare, davanti a buona parte dei ceti popolari, specie meno istruiti, l’antifascismo con il neoliberismo di questi anni. Questa eventualità sarebbe un’altra sciagura da evitare assolutamente. E, poi, quanto sarebbe giusto, oltre che conveniente, forzarsi di ridurre l’antifascismo alle sole forze di sinistra, come sta avvenendo in questi anni, dando “patenti” qua e là a riguardo? Così facendo si rischia di applicare il detto “meno siamo e meglio stiamo” e non sarebbe il caso.

In fondo, ciò che può consolarci da questo punto di vista è la obiettiva difficoltà di immaginare una compagine di governo che vada da Calenda a Fratoianni, passando per Conte, con relativo improbabile programma unitario. Tuttavia, quello che rimane pericoloso è che in molti riducano l’antifascismo a questi personaggi e alle loro politiche, con il timore di ritrovarci ancora per tanti anni a immaginarci forzatamente un dibattito politico fondato sulla contrapposizione democratici c/ fascisti e dover, nello stesso tempo, rimanere chiusi nella “non scelta” neoliberista dominante che accomuna tristemente le due coalizioni e che, questa sicuramente, sta mettendo sempre più in crisi la sovranità popolare e gli indirizzi sociali della Costituzione. Dunque, sono tali politiche, a ben vedere, che stanno spingendo sempre più a destra gli elettori. Allora, evidentemente, sono queste le politiche che si dovrebbero prendere di mira e contro cui si dovrebbero concentrare le forze per poter davvero far retrocedere le destre di tal genere, in Italia come in Europa.

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