La Fionda è anche su Telegram.
Clicca qui per entrare e rimanere aggiornato.

Vladivostok spinge il Cremlino ancor più ad Oriente


28 Set , 2024|
| 2024 | Visioni

Vladivostok – Si sono chiusi da pochi giorni i lavori del Forum economico orientale, il più importante evento della Federazione russa dedicato alle proprie regioni orientali ed ai rapporti con le realtà asiatiche: l’evento, partecipato da oltre 6mila ospiti, si è svolto dal 3 al 6 settembre nei locali dell’Università Federale dell’Estremo oriente sulla bellissima isola Russkij.

Durante i lavori del forum sono stati discussi tutti i temi legati all’attualità economica dell’oriente russo nei loro risvolti nazionali ed internazionali. Sotto i riflettori naturalmente Vladivostok ed il suo territorio – il Primorskij Kraj (letteralmente: Territorio del Litorale) , regione affacciata sul Mar del Giappone e confinante con Cina e Corea del Nord. L’origine di Vladivostok, fondata come un avamposto militare nella seconda metà del XIX secolo, risulta evidente dalla sua conformazione urbanistica, peraltro davvero poco simile ad una qualunque altra città dal passato sovietico. Ii suoi fondatori, oltre a conferirle il nome che tutt’oggi possiede (in Italiano: dominatrice dell’oriente) vollero imprimere nella sua storia diversi richiami all’antica Grecia così come a Bisanzio, rimandi tutt’ora presenti nella toponomastica della città.

Distante oltre 9mila chilometri da Mosca – 9 ore di volo o oltre sei giorni di treno – e poco più di 2mila da Pechino, Vladivostok ha alle spalle circa quarant’anni di storia da città chiusa – ai non residenti ed agli stranieri – condizione protrattasi fino al collasso dell’Unione Sovietica: la condizione di città chiusa ha certamente rallentato lo sviluppo di Vladivostok in termini demografici, infrastrutturali e produttivi. Uno sviluppo esploso poi nella fase post-sovietica sopratutto grazie alle attività marittime. Lo status di città chiusa tra l’altro è ancora in vigore per la vicina Fokino, altra sede della flotta militare russa del Pacifico.

Il numero degli abitanti di Vladivostok è ancora contenuto – nell’ordine dei 700mila residenti – mentre la regione fa i conti con un cronico spopolamento dovuto a carenze infrastrutturali e di opportunità lavorative. Per invertire la tendenza demografica della regione di Vladivostok e delle regioni limitrofe le autorità russe hanno avviato numerosi progetti quali i due progetti nazionali “Demografia” e “Famiglia”: ancora aperta, invece, è la discussione relativa ad un possibile investimento da un trilione di rubli – circa 10 miliardi di euro – per la costruzione da zero di una città satellite adiacente a Vladivostok.

Il Forum economico orientale ha registrato molte presenze commerciali, politiche ed accademiche dai paesi dell’area ASEAN oltre che – tra gli altri – da Corea del Nord, Nepal e naturalmente Cina.
Quest’ultima già dal 2023 ha la possibilità di utilizzare il porto di Vladivostok come se questo fosse situato sul proprio territorio nazionale, quindi senza pagare tasse all’erario russo: a questo proposito è utile ricordare come la regione di Vladivostok sia appartenuta alla Cina imperiale fino al 1860, anno in cui venne ceduta all’Impero zarista. Benché ai cinesi non manchi la memoria storica ed anche nello scorso secolo Mosca e Pechino siano arrivate ai ferri corti sulla base di rivendicazioni territoriali i rapporti tra l’Orso ed Dragone stanno proseguendo il loro consolidamento sulla semplice ma solida base della necessità reciproca.

Il corso politico apertosi dal 24 febbraio 2022 con l’attacco russo all’Ucraina ha indotto il Cremlino ad orientarsi crescentemente verso la Cina e molti altri paesi asiatici: non è un segreto il fatto che l’enorme apparato industriale cinese abbia una vitale necessità delle risorse – energetiche e non – presenti in territorio russo. Al contempo il controllo russo su tutta la regione asiatica nordorientale e la sua influenza nell’area centroasiatica offrono alla Cina anche garanzie di sicurezza e stabilità su gran parte dei suoi confini, oltre ad un bilanciamento del dominio statunitense in termini generali:
un eventuale scenario di balcanizzazione della Federazione russa – scenario in cui la guerra nucleare sarebbe altamente probabile – immaginato da certi circoli esporrebbe la stessa Cina ad enormi problemi di instabilità e rischi. Per questa ragione il tentativo statunitense di sedurre Pechino con un’intesa antirussa – prendendo le mosse dell’intesa tra Mao Tze Tung ed Henry Kissinger — almeno per il momento non ha sortito gli effetti sperati a Washington.

La prospettiva di rafforzamento delle proprie economie, di attrarre gli investimenti russi, di ottenere amichevoli forniture energetiche e in alcuni casi anche di raggiungere intese anche a carattere militare spinge la maggior parte dei paesi asiatici a voler rafforzare i propri rapporti con Mosca: alcuni di questi sono già membri dei BRICS+ – come l’India – altri in procinto di diventarne membri come la Turchia, la Malesia e la Thailandia ed altri. Senza alcun dubbio la presenza statunitense in paesi come la Corea del Sud ed Giappone – e la conseguente loro adesione alle sanzioni antirusse – impone a questi paesi vincoli militari specifici in chiave antirussa ed anticinese: per questa ragione sia Tokyo che Seul hanno ridotto fortemente la cooperazione con Mosca a partire dal post 24 febbraio 2022. Rispetto alle due Coree si può ricordare, ad esempio, come per anni la dirigenza russa abbia discusso per anni di un possibile collegamento ferroviario diretto da Vladivostok a Seul passando per Pyongyang e collegando Seul con la ferrovia transiberiana: un progetto, attualmente in stallo, che in futuro potrebbe giocare un ruolo anche nel processo di riunificazione dei due paesi.

La baia di Vladivostok ha un’importanza notevole anche da un punto di vista militare: non a caso proprio in questi giorni si sono svolte esercitazioni navali congiunte tra le forze russe e quelle cinesi. Benché nella Federazione russa le automobili cinesi siano sempre più diffuse il mercato automobilistico della regione di Vladivostok vede il Giappone ancora quasi monopolista: quella di acquistare veicoli di seconda mano dal Giappone è una pratica consolidata nella regione ormai da decenni. Per questa ragione la stragrande maggioranza dei veicoli ha la guida a destra, nonostante in città si guidi tenendo la destra come in tutto il resto della Federazione russa.

I volumi di merci movimentati nel porto di Vladivostok appaiono piccoli se messi a confronti con quelli movimentati in altri porti dell’area come Busan (Corea del sud, 23 milioni di TEU / anno), Shenzen (Cina, 26 milioni di TEU / anno), Shangai (Cina, 49 milioni di TEU / anno). Ciononostante
il porto ha una notevole potenzialità di crescita nonché un’importanza fondamentale per gli interessi russi: lo scorso luglio il porto ha registrato il record storico su base mensile per TEU movimentati, arrivando a oltre 79mila unità, mentre per il 2025 le autorità portuali considerano di superare la soglia di circa 1 milione di TEU movimentati su base annua.

Vladimir Putin è arrivato a Vladivostok dopo aver inaugurato l’anno scolastico nella repubblica di Tuva e dopo la discussa visita in Mongolia, durante la quale è stato accolto con tutti gli onori malgrado il noto ordine di arresto della Corte Penale Internazionale. Nella capitale dell’oriente russo Vladimir Putin ha incontrato il vicepresidente cinese Han Zheng ed il vicepresidente serbo Alexander Vulin, per poi intervenire nella sessione plenaria del forum insieme al primo ministro della Malesia Anwar Ibrahim.

Nel contesto di congelamento dei rapporti politici con l’Europa occidentali le sanzioni economiche proseguono nel dare stimoli all’economia russa. Le strumentazioni e le apparecchiature che in precedenza venivano importate dai paesi considerati ostili vengono sostituite sia con le importazioni di prodotti analoghi da paesi amici – sopratutto dalla Cina – ma anche con un significativo aumento della produzione interna. Secondo Rosstat – l’istituto di statistica russo – lo scorso gennaio ha registrato un aumento della produzione industriale di Mosca pari al 4,8 rispetto al 2023: in questa tendenza salta agli occhi consistente aumento del 36,5% su base annua rispetto alla produzione domestica di computer e di dispositivi elettronici.

Durante i lavori del forum è intervento anche il direttore generale di Rosatom Aleksej Likacev: intorno all’atomo ruotano infatti molte questioni decisive per il futuro complessivo della Federazione russa e delle regioni orientali di questa. Osservando la geografia della produzione di energia nucleare nella Federazione russa non è difficile notare lo sbilanciamento di questa nell’area europea: uno sbilanciamento del resto parallelo a quello demografico e produttivo. Nel giro di alcuni anni la costruzione di alcune centrali nucleari nelle regioni dell’estremo russo potrebbe stemperare questo sbilanciamento, stimolando al contempo sia l’economia che la demografia della regione. Grandi quantità di energia elettrica a basso costo sarebbero certamente molto importanti sia per le regioni russe dell’area sia che per le esportazioni verso la Cina e verso le altre realtà industriali adiacenti. Vladimir Putin ha più volte definito l’estremo oriente russo e la regione artica “il futuro della Russia”. Nel presente dall’enorme zona artica arrivano oltre il 20% del petrolio russo, oltre il 50% dell’ oro, oltre il 72% del rame, l’80% del gas, il 95% dei diamanti e molte altre risorse. Seppur ovviamente più complicata per le condizioni climatiche, la rotta del nord risulta la tratta più breve tra la costa asiatica del Pacifico e l’Europa occidentale, sviluppandosi su circa 5mila miglia marine contro le circa 11mila della rotta meridionale via Suez.

Nel frattempo, stando a quanto riportato da Bloomberg, le vendite di gas e petrolio russo sono aumentate di circa il 20% su base annua anche verso l’Europa occidentale mentre le forniture di gas destinate alla Cina hanno raggiunto il massimo storico, segnando un aumento di oltre il 30%. Nel frattempo il gruppo ungherese Mol ha fatto sapere di aver raggiunto un accordo con le parti interessate per il transito di petrolio attraverso l’Ucraina tramite l’oleodotto “Druzhba”. Il presidente russo ha confermato la disponibilità a far proseguire il transito di gas verso l’Europa occidentale attraverso l’Ucraina nonostante la situazione: per quello che riguarda la posizione ucraina, Volodymyr Zelenskij aveva affermato in precedenza che l’accordo di transito del gas russo sul territorio ucraino non sarebbe stato rinnovato. Durante la sessione plenaria del forum di Vladivostok il presidente russo ha anche ironizzato sul tema delle elezioni statunitensi, esprimendo rammarico per il ritiro della candidatura di Joe Biden e dichiarando provocatoriamente il proprio sostegno in favore di Kamala Harris: un’ironia, quella di Vladimir Putin, che non rende meno importante l’esito delle elezioni statunitensi sia per quanto concerne la questione ucraina che per quanto concerne gli equilibri globali.

Di:

La Fionda è una rivista di battaglia politico-culturale che non ha alle spalle finanziatori di alcun tipo. I pensieri espressi nelle pagine del cartaceo, sul blog online e sui nostri social sono il frutto di un dibattito interno aperto, libero e autonomo. Aprendo il sito de La Fionda non sarai mai tempestato di pubblicità e pop up invasivi, a tutto beneficio dei nostri lettori. Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi aiutarci a crescere e migliorare, sia a livello di contenuti che di iniziative, hai la possibilità di cliccare qui di seguito e offrirci un contributo. Un grazie enorme da tutta la redazione!