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Lettera a Silvio Raffo, poeta e scrittore
Caro Silvio,
L’estasi insicura (Interno Libri, 2024) è un processo alchemico di trascendenza che si muove tra gli elementi di Empedocle e il Mos geometrico di Spinoza. Che la tua scrittura sia spinoziana lo si evince dal rigore, dall’impeccabile precisione metrica, come volessi trattenere un delirio che tenderebbe al puro dionisiaco se non fosse intrappolato nella vividezza del suono, nel sonetto, nell’endecasillabo, nel settenario; vi è perciò traccia anche del Nietzsche de La nascita della tragedia, nel tuo dichiarare “né apollineo né dionisiaco”. In te ritrovo gli eroici poeti romantici Keats, Shelling, il faustiano Goethe, le estatiche Emily Dickinson, Emily Brontë, e anche il minore – e non per questo meno talentuoso – fratello Brontë, da te tradotto per La vita felice, e di cui ti corrisponde probabilmente L’inno del dubbioso. Ma ritrovo anche il visionario Blake, e il profondo pensatore eterno Leopardi. Ritrovo la gnosi, i Vangeli gnostici, il Vangelo di Tomaso, quello di Maria, il Tuono la mente perfetta, dunque Iside. L’amore intransitivo – e per certi versi impersonale – di cui scrivi è quella forza universale lanciata nel vuoto, un dissiparsi probabilmente, sapendo che nulla ci tornerà indietro. Eppure, vi è nel tuo superamento dell’umano, il cammino mistico di Santa Teresa d’Avila, regina dell’estasi, e la Notte Oscura dell’Anima di San Giovanni della Croce. La gnosi torna in quanto atto magico, e la tua poesia tale atto magico racchiude, nel percorso di un’anima dalla nigredo all’albedo fino alla dissoluzione – estasi stessa – del creato nell’increato. L’amore tuo è l’impossibile, nel desiderio weiliano di preservare la solitudine:
Preserva la tua solitudine. Il giorno…che una vera amicizia ti sia concessa, non dovrà esistere opposizione fra la solitudine interiore e l’amicizia; anzi è da questo segno infallibile che la riconoscerai.
L’amicizia non va cercata, né sognata, né desiderata, né definita o teorizzata. L’amicizia si esercita (è una virtù). Essa semplicemente “esiste” come la bellezza. È un miracolo, misterioso e insieme incastonato nella realtà.
Scrive Simone Weil ne L’ombra e la grazia.
Il tuo libro è suddiviso in 21 sezioni: Il malioso inganno, Sovratempo, Nevermore, L’immonile reame, La coscienza divina, L’estasi insicura, Evanescere, Il transito stranito, Il pensiero inospitale, Oblivion, L’anima dei sensi, L’onda del tempo, Child of haven, Il seme dell’incanto, Il punto improprio, L’insidia dell’inganno, Il cuore celibe, Un’armonia discorde, Oro antico, L’ingloriosa fine, Il miele dell’assenza. La mia preferita è Evanescere, è la poesia che ho più amato di tale sezione è The haunted.
Sei invaso dalla folgore suprema
che la vista seduce e i sensi annienta.
La luce si fa oscura, e ti addormenta.
Nello svanire è la sua forza estrema.
Non riesco a immaginare altro destino
per me – non riesco a fingermi altra vita:
stelle fredde a guidare il mio cammino,
spazi di solitudine infinita.
Ventuno sezioni, e ventuno è il numero degli arcani maggiori dei tarocchi – escluso il matto, la carta numero 0, includendo la quale sarebbero 22 –, ma il numero 21 è quello del Mondo: la carta più bella del mazzo, la completa realizzazione materiale e spirituale. Tale simbologia torna nel tuo ultimo romanzo I tuoi occhi nel buio (Elliot, 2024), un thriller surreale, che narra la tragica e cruenta storia d’amore tra il giovane attore Rainer e il cinico scrittore Alessio Valli, raccontata per intero da chi sembra non essere in vita, o non essere presente nella dimensione fisica, avendo invece accesso alla dimensione metafisica attraverso cui ricorda e ricostruisce. La prima parte mi ha ricordato il teatro magico del Lupo della steppa di Hermann Hesse e, nel tuo romanzo, Silvio, si fa spesso riferimento a uno spettacolo teatrale in cui Rainer mette in scena alcuni tarocchi, in particolare la carta degli amanti.
Sono tre gli amati dell’Arcano. Si amano davvero? Forse ciascuno di essi in realtà non ama, o ama troppo sé stesso. È per questo che il congiungimento è impossibile. No, sono io che impedisco la mistica fusione. Io sono il terzo, sono l’ostacolo, il disturbatore. Io qui non vi unisco, io vi divido. Amanti di ogni sesso, e di ogni età, belli o brutti, casti o smaliziati, io vi spedisco in direzioni opposte. Andate, andate pure, percorrete strade diverse che non s’incontreranno mai. Nord, sud, est, ovest… L’uomo non è che un pellegrino in terra, sempre in cammino.
Sembra essere proprio la magia, una verità nascosta, la traccia fondamentale della tua scrittura. Una forza impersonale che agisce attraverso i personaggi, una forza micidiale e segreta, bella e tremenda, come il sublime, che talvolta incarna l’atroce. Ma la tua scrittura resta poetica e leggiadra: una magistrale leggiadria nel raccontare l’atroce e l’occulto presente nell’animo umano. È, infine, a mio avviso, un romanzo morale: il racconto della punizione della hybris, del narcisismo e del tradimento e la tragica, ma talvolta grottesca, impossibilità dell’uomo, incapace di elevarsi, di trascendere le contingenze e i propri desideri. Si può pensare al tema del doppio, al classico Stevenson, difatti anche tra i due – o meglio tre – protagonisti del tuo romanzo vi è un dottor Jekyll e un Mister Hyde, ma non sono la stessa persona, per quanto vi sia un profondo psicoanalitico gioco di specchi. Tra i due irrompe un terzo, Claude, uomo di cui forse Rainer s’innamora in modo molto più innocente e disinteressato, ma è proprio la comparsa di quest’ultimo a insidiare la psiche di Alex, fino a condurre i tre nella tragedia. Il nome di Rainer fa subito pensare a Rainer Maria Rilke, e perciò mi permetto di condividere uno stralcio della Lettera a un giovane poeta tradotta da Leone Traverso.
Praga, 4 dicembre 1875 – Montreux, 29 dicembre 1926
[Le opere d’arte sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica. Solo l’amore le può afferrare e tenere e può essere giusto verso di loro.]
Ed eccomi subito a pregarla: legga il meno possibile testi di critica estetica; sono o congetture faziose, fossilizzate e oramai prive di senso nel loro rigore senza vita, oppure abili giochi di parole, in cui oggi prevale una opinione e domani quella opposta. Le opere d’arte sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica. Solo l’amore le può afferrare e tenere e può essere giusto verso di loro. Dia ogni volta ragione a se stesso e al suo sentimento, contro ognuno di quei dibattiti, commenti o introduzioni; e se pure dovesse avere torto, la naturale crescita della sua vita interiore la guiderà a poco a poco e col tempo verso altre intuizioni. Lasci ai suoi giudizi il loro quieto e indisturbato sviluppo, che, come ogni progresso, deve venire dal profondo, e non può essere in alcun modo incalzato o affrettato. Tutto è condurre a termine e poi partorire. Lasciare che ogni impressione e ogni germe di un sentimento si compia tutto dentro, nell’ombra, nell’indicibile e inconscio e inattingibile alla propria ragione, e con profonda umiltà e pazienza attendere l’ora della nascita di una nuova chiarezza: questo solo significa vivere d’artista: nel comprendere come nel creare. Qui non serve misurare con il tempo, a nulla vale un anno, e dieci anni non son nulla. Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l’ansia che dopo possa non giungere l’estate. L’estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e vive come se l’eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e vasto.
da Lettere a un giovane poeta – Traduzione di Leone Traverso
Leggendola ho pensato a questo, che tu abiti rilkeianamente l’eternità, e perciò le tue opere sono destinate a restare, in quanto eterne e non soffocate dal momento, sono a-storiche, archetipiche. Questi, dunque, sono i primi tuoi libri che leggo, e ne riconosco la maestria, la sapienza, la capacità di sostenere il mistero e il segreto. Dunque, ne leggerò altri, felicemente.
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