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Le stanze del potere occulto

L’Italia è il Paese del segreto. Lo è sempre stata, lo è ancora oggi. Nelle stanze del potere, visibili o invisibili, si sono costruiti i destini della Repubblica, ma anche le sue tragedie. E proprio nel segreto si annida il nucleo più profondo del potere, come scriveva Elias Canetti. Ma in Italia il segreto non è solo la caratteristica di un potere che si sottrae agli occhi dei cittadini: è la strategia sistematica con cui si copre, si devia, si confonde.
La storia recente della nostra democrazia – dai giorni tragici del caso Moro alle bombe della strategia della tensione – è disseminata di episodi in cui il potere occulto non si è limitato a nascondere sé stesso, ma ha attivamente ostacolato la ricerca della verità. I servizi segreti, che per statuto dovrebbero proteggere la Repubblica, hanno operato spesso come strumenti di disinformazione, manipolazione e deviazione.
Il potere nascosto, ma non invisibile
Il potere invisibile si manifesta in due modi principali: nascondendosi e nascondendo. Da un lato, si ritira nell’ombra, evita di mostrarsi, si avvale di identità false, codici, simboli; dall’altro, usa la menzogna come arma. In Italia, queste due modalità si sono intrecciate profondamente. Il terrorismo eversivo degli anni di piombo si è mosso nell’oscurità delle sette segrete, ma non è stato l’unico. I settori deviati dei servizi segreti hanno adottato le stesse tecniche, non per combattere la sovversione, ma per alimentarla o, peggio, per coprire chi ne tirava le fila.
Lo abbiamo visto nel caso Moro: cinquantacinque giorni di sequestri, lettere, comunicati, piste false e verità negate. Lo abbiamo visto nella strage di Bologna, nei depistaggi, nei dossier spariti, nelle bugie di Stato che hanno protetto colpevoli e mandanti. E lo vediamo ancora oggi, quando a decenni di distanza il velo su quelle vicende non è stato mai completamente sollevato.
La disinformazione di Stato
La menzogna, nella sua forma più sofisticata, è lo strumento prediletto del potere occulto. Non si limita a negare la verità: la distorce, la manipola, la trasforma in un’arma per confondere. I settori deviati dei servizi segreti hanno messo in pratica questa tecnica con precisione chirurgica, ostacolando indagini, ritardando informazioni, fornendo notizie manipolate o del tutto false.
Nel caso Moro, ad esempio, settori dello Stato hanno deliberatamente scelto di non trasmettere informazioni utili alla liberazione del presidente della DC. La disinformazione è stata sistematica: dai depistaggi sul lago della Duchessa al mancato utilizzo di canali che avrebbero potuto portare a Moro, tutto è stato orchestrato per garantire che l’epilogo fosse quello già deciso. Non era la salvezza di Moro l’obiettivo, ma la stabilità di un sistema che non poteva permettersi di fare concessioni, né tantomeno di rivelare le sue collusioni.
Il doppio volto dei servizi segreti
I servizi segreti italiani hanno giocato un ruolo ambiguo nella lotta contro l’eversione. Da un lato, erano chiamati a combattere il terrorismo, a proteggere lo Stato e i suoi cittadini. Dall’altro, alcuni loro settori hanno lavorato attivamente per sabotare le indagini, proteggere i colpevoli e deviare l’attenzione dai mandanti. Questo doppio volto emerge con chiarezza sia nelle indagini sull’eversione di destra – dove i depistaggi sono stati sistematici – sia in quelle sull’eversione di sinistra, dove comunque si registrano episodi di inerzia e connivenza.
Le tecniche utilizzate sono molteplici: informazioni non trasmesse, comunicazioni ritardate, notizie manipolate, dossier falsificati. Tutto questo non è stato frutto di errori o disorganizzazione, ma di una strategia precisa. Chi avrebbe dovuto combattere la sovversione, in molti casi, l’ha favorita o almeno tollerata, quando non era utile agli equilibri del potere.
Una Repubblica fondata sul segreto
In Italia, ogni mistero si conclude sempre allo stesso modo: una verità che resta nascosta, colpevoli che non vengono mai puniti, una giustizia che non arriva mai fino in fondo. Lo scriveva già Leonardo Sciascia: in questo Paese, “di ogni mistero criminale molti conoscono la soluzione, i colpevoli, ma mai la soluzione diventa ufficiale e mai i colpevoli vengono assicurati alla giustizia”.
Il problema non è solo ciò che è accaduto, ma ciò che non è stato mai chiarito. Il potere occulto ha attraversato ogni fase della storia repubblicana, costruendo un sistema in cui il segreto e la menzogna sono diventati strumenti ordinari di gestione. Le vittime non sono solo Moro, i morti di Bologna o le figure sacrificate della strategia della tensione. Le vittime siamo tutti noi, cittadini di una Repubblica che non è mai riuscita a fare piena luce sulle sue pagine più buie.
Ed è qui che il potere occulto vince, nella sua capacità di non lasciare traccia, di nascondersi dietro maschere e menzogne. Non possiamo aspettarci che chi detiene il potere faccia emergere la verità. La verità è una minaccia per il potere, soprattutto quando quel potere si nutre del segreto. Spetta a noi, come cittadini, continuare a chiederla, anche a distanza di decenni. Perché la democrazia non può fondarsi sull’occultamento, ma sulla trasparenza e sulla responsabilità. E finché queste non saranno garantite, resteremo prigionieri di un sistema che ci tiene in ostaggio, come Moro in quella prigione segreta.
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