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Il tempo migliore della vita

Esiste un “tempo migliore della vita” di ciascun individuo? La domanda può apparire talmente generica da sembrare banale, per giunta retorica data l’impossibilità soggettiva di fornire una risposta attendibile.
Eppure, io credo che una riflessione compiuta la si possa comunque realizzare. Nel farlo, infatti, mi piace ragionare da insegnante quale io sono.
Esiste infatti per tutti gli studenti il “tempo migliore” che è un tempo per sottrazione: ovvero, dopo aver sottratto le lezioni dalla quotidianità e dal computo finale, la gioia immediata dei ragazzi è quella di godere del tempo “libero” delle festività senza la costrizione della frequenza mattutina e senza l’obbligo dei compiti a casa. Tuttavia, questo “tempo migliore per sottrazione” si conferma, quasi a conferma del risultato finale, quando poi si passa all’addizione, cioè quando si ritorna a scuola (dopo le vacanze estive o quelle natalizie) perché alla fine, dopo il momento della sospensione, la gioia di tutti i ragazzi è quella di ritrovarsi assieme ai propri compagni e, perché no, ai propri insegnanti, nella condivisione di un percorso comune che, seppur faticoso, ha come traguardo finale il conseguimento di un obiettivo (poco importa che esso sia la promozione, il diploma o l’arrivo in porto di un altro anno da parte del docente).
Per questo, io sostengo che il periodo delle vacanze debba essere un intervallo di riposo e di interruzione delle consuete attività, per cui essere “vacanti” dai propri impegni significa consentire a tutti di ricaricare le proprie energie fisiche e mentali: niente studio di interi capitoli o complesse traduzioni, o compilazione di complessi esercizi ma, al massimo, differenti attività di svago emotivo e cognitivo come la stesura di un diario o la lettura di un libro per non parlare della visione di un bel film.
Eppure, il “tempo migliore” non riguarda solo l’età scolare. Riguarda per lo più ciascuna stagione dell’esistenza umana, senza una cadenza precisa e senza una precisa prescrizione oggettiva. Risulta, però, difficile identificare in tale modo un inconfutabile tempo propizio che sia riconoscibile per tutti, perché si può essere sofferenti nell’età adulta e felici nell’adolescenza; oppure malinconici nella giovinezza e per converso del tutto sereni nella fase senile. Ma c’è un appuntamento fisso della vita di ciascuno che si presenta con una sua inqualificabile tassonomia sentimentale: questo appuntamento fisso è il Natale.
In prossimità del 25 dicembre, infatti, è facile riconoscere due grandi tendenze dell’animo umano tra loro inconciliabili: la gioia del ricongiungimento familiare o la malinconia dovuta all’assenza dello stesso. Non a caso, in modo quasi analogo al “tempo migliore scolare”, dato per sottrazione in occasione delle vacanze, possiamo parlare di un “tempo peggiore natalizio”, generato per assenza: quello appunto della mancanza di ricongiunzione con i propri cari.
Per questo il Natale è sempre così ferocemente diviso, nello specifico lungo la sua crescente dimensione dell’attesa: o non si vede l’ora che arrivi, con tutto il suo bagaglio di auguri e di felicitazioni da spartire con il maggior numero di interlocutori possibili, oppure lo si avversa con tutta la determinazione che si ha in corpo, in quanto il Natale assurge a emblema della propria clausura sentimentale, come ha dimostrato a tutti i suoi lettori il personaggio di Ebenezer Scrooge del Canto di Natale di Charles Dickens.
Esiste, infine, una vacanza o un qualche “Natale” che si possa tratteggiare lungo l’arco della vita di una persona oppure di un qualche personaggio conosciuto?
La risposta che a me viene in mente, in modo nitido, deriva da una narrazione profonda e destinata a dare un senso a chi la legge, ovvero quel libro di Antonio Scurati di qualche anno fa, prima della monumentale monografia su Mussolini, il cui titolo è proprio Il tempo migliore della nostra vita. Si tratta di un testo, a carattere narrativo-storico, che ritrae magnificamente il travaglio interiore e il calvario umano dell’intellettuale antifascista Leone Ginzburg, un combattente mite ma integerrimo. Il senso della testimonianza umana di Leone Ginzburg si racchiude, infatti, nella resistenza indomita alla follia disumana dei fascismi di quel periodo: una testimonianza che non gli impedì di crearsi una famiglia, a dispetto della persecuzione atroce di cui lo scrittore fu vittima e che lo condusse alla morte nell’infermeria del carcere di Regina Coeli la notte tra il 4 e il 5 febbraio 1944, a seguito delle percosse inflittegli dai carcerieri nazisti.
Poche ore prima di morire, scrive Scurati, Leone Ginzburg aveva lasciato un biglietto alla moglie Natalia Levi, sposata il 12 febbraio 1938. “Ciao amore mio, tenerezza mia. Fra pochi giorni sarà il sesto anniversario del nostro matrimonio. Come e dove mi troverò quel giorno? Di che umore sarai tu allora?”.
Leone Ginzburg non vide mai quel giorno ma ci ha lasciato un’eredità di integrità morale tale da indicarci la direzione di marcia per il futuro, come ricorda proprio Scurati: “Sono parole ultime nelle quali le ragioni prime di un’esistenza, e di una militanza, si ricapitolano in uno sguardo retrospettivo, equanime e onnicomprensivo, gettato dietro un attimo prima di andare. Nella lettera di Leone a Natalia non è in gioco solo l’affetto di un marito per sua moglie, di un padre per i suoi figli, ma anche la riaffermazione di valori per i quali si è vissuto, di diritti fondamentali per i quali si è combattuto, la soddisfazione per una vita ben spesa”. Un senso che la storia ci ha compiutamente indicato.
Pertanto esiste anche il Natale della vita di un individuo. Ed esiste proprio nell’occasione in cui, contrariamente al significato etimologico della parola che indica proprio l’atto della nascita, il “tempo migliore” di uno scrittore come Ginzburg si compie e si ultima con la fine dei suoi giorni, in una chiusura del cerchio all’apparenza tragica ma nel lungo termine, in realtà, portatrice di un messaggio di umanità e di speranza. Perché, qualunque sia la vacanza da un impegno che ci siamo presi e ogniqualvolta noi ragioniamo per sottrazione o per assenza, il senso di una vita si raggiunge nella completezza di una missione che travalica anche l’esistenza umana, oltrepassando la stessa data di nascita e qualsisia evento cruciale per ciascuno di noi.
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