La Fionda è anche su Telegram.
Clicca qui per entrare e rimanere aggiornato.

Il realismo e la guerra


14 Apr , 2025|
| 2025 | Visioni

Le prime posizioni e dichiarazioni del Presidente Trump sull’Ucraina hanno suscitato forti reazioni in ambito internazionale. Una fredda ventata di realpolitik è calata sui paesi europei che dal 2022 hanno sostenuto militarmente l’Ucraina (insieme agli USA), promettendole la possibilità di una vittoria militare nei confronti della Federazione Russa.

Il percepito voltafaccia statunitense ha portato diversi giornalisti occidentali (perfino qualche storico) a paragonare i tentativi di accordo tra Russia e USA al patto di Monaco del 1938, toccando un nervo scoperto per la Russia. La vittoria nella “Grande guerra patriottica” contro la Germania nazista non ha preservato soltanto l’integrità territoriale della Russia, ma ha salvaguardato la sua stessa esistenza di fronte a una minaccia esistenziale di carattere genocida. La Russia ha mutato radicalmente regime politico rispetto al passato sovietico, eppure la  bandiera rossa sventolante sulle macerie del palazzo del Reichstag a Berlino rappresenta tuttora un simbolo nazionale che trascende la dimensione ideologica.

Beninteso, la Russia contemporanea non ha esitato a farne argomento di propaganda: ad esempio l’obiettivo dichiarato fin dall’inizio del conflitto di “denazificazione” dell’Ucraina (per la presenza di gruppi paramilitari neonazisti) era chiaramente un argomento politico finalizzato a legittimare la guerra di fronte all’opinione pubblica interna, la quale avrebbe digerito meglio l’invasione e i conseguenti drammi sotto la veste di una riedizione di ‘guerra antinazista 2.0’.

Paradossalmente nel corso di questo conflitto la reductio ad Hitlerum dell’avversario è stata reciproca: in Occidente però molti riescono a vedere soltanto la propaganda altrui mentre ignorano quella di casa nostra.

Il parallelismo tra Monaco 1938 e gli avvenimenti contemporanei forza la storia, paragonando l’invasione dell’Ucraina all’espansionismo del Terzo Reich negli anni trenta del secolo scorso; lasciando di conseguenza intendere che la Russia contemporanea sarebbe intenzionata ad invadere altri paesi europei e che un’eventuale illusoria pace sarebbe antesignana di una nuova guerra. Il parallelismo non regge per ragioni di natura sia ideologica sia storica, con particolare riferimento al differente ruolo svolto dalla Russia contemporanea e dalla Germania nazista nelle strutture internazionali dei due periodi storici in esame.

L’ideologia prevaricatrice nazista ha avuto una grande rilevanza nel progetto di conquista genocida hitleriano (i progetti di politica estera finalizzati a fare della Germania una grande potenza erano già presenti nel Mein Kampf): sarebbe un’enorme ed infondata forzatura storica paragonare la politica estera del Terzo Reich – intimamente legata a una progettualità politica razzista germanocentrica – alla politica di potenza della Russia zarista, sovietica e post-sovietica, tenendo conto sia degli elementi di continuità che di rottura nella storia russa.

Sotto molti aspetti l’imperialismo hitleriano cercò peraltro di riallacciarsi all’espansionismo colonialista e imperialista delle potenze occidentali: Hitler in Europa Orientale voleva edificare un vero e proprio impero coloniale di tipo continentale ed è cosa nota che la sua ascesa politica in Europa fu vista con simpatia da diversi leader occidentali in ottica antibolscevica[1]. L’indagine storiografica sulle origini della seconda guerra mondiale, dai tentativi sovietici di creare una politica di sicurezza collettiva antitedesca al patto Molotov-Ribbentrop, passando per il patto di Monaco, non ha smesso di suscitare dibattito tra gli storici e non si ha certamente la pretesa di discuterne in questa sede. Ribadire la complessità della storia novecentesca serve però come monito di fronte alle semplificazioni livellatrici che la forzano e banalizzano a uso e consumo del presente: il paragone fra Terzo Reich e Russia putiniana è certamente una di queste grezze banalizzazioni.

La struttura internazionale, ancora più della componente ideologica, rende infondato questo parallelismo il cui assunto fondamentale è la riedizione di un accordo preventivo di appeasement con una potenza prevaricatrice. Nel 1938 tale accordo fu siglato da Francia e Gran Bretagna (oltre all’Italia fascista), principali potenze europee con in mano ancora enormi imperi coloniali; oggi al loro posto vi sarebbero gli Stati Uniti d’America.

Trump  sarebbe quindi una sorta di nuovo Chamberlain che, illuso dalle promesse di pace russe, starebbe portando l’Europa sull’orlo del baratro. La Russia, al pari della Germania nazista, sarebbe una potenza revisionista che, anche a seguito delle umiliazioni subite, punterebbe a stravolgere l’ordine internazionale. La prima incongruenza di un simile parallelismo riguarda il ruolo svolto dall’ “appeaser”: mentre Chamberlain lo fece da una posizione di estrema debolezza, Trump  tratta oggi con la Russia da una posizione di forza, da leader della principale potenza militare globale. Il punto debole della strategia portata avanti dal primo ministro britannico era il fatto che Hitler fosse sostanzialmente “unappeasable”, “deciso a instaurare un futuro ordine territoriale che soltanto dei ritocchi limitati non avrebbero mai potuto garantire”[2].

Qualunque sia la valutazione delle ragioni profonde della guerra tra Russia e Ucraina e  delle intenzioni future della Federazione Russa, risulta evidente che mentre la Germania nazista era unappeaseable perfino per le principali potenze del tempo, la Russia attuale è nei fatti una potenza di second’ordine che non pone alcuna minaccia strutturale all’ordine internazionale vigente: di conseguenza non viene percepita come una minaccia dagli USA, attuale potenza egemonica globale comprensibilmente intenzionata a migliorare le relazioni con Mosca per dedicarsi ad altri scenari geopolitici che reputa prioritari.

La Germania nazista era una potenza intenzionata a ribaltare lo status quo  in Europa al fine di minare le fondamenta dell’ordine internazionale successivo alla pace di Versailles. La Federazione Russa è una potenza soltanto parzialmente revisionista: vuole tornare ad essere una potenza mondiale, superando l’umiliazione geopolitica subita in seguito al collasso dell’URSS. Tuttavia ciò non comporta l’intenzione di una revisione degli organismi internazionali vigenti; la Russia non si oppone alla NATO in quanto tale, ma ad  una sua eventuale ulteriore espansione; non vuole né potrebbe – per i limiti oggettivi della propria potenza – mettere in discussione l’egemonia statunitense; l’orizzonte verso cui si muove è quello di una ridefinizione degli equilibri globali, sulla stessa linea d’onda delle potenze emergenti, i cosiddetti BRICS, i quali chiedono una riforma degli organismi decisionali dell’ONU che tenga conto della crescente rilevanza internazionale delle potenze emergenti di Asia, Africa e America Latina.

Immaginare una Russia intenzionata ad invadere uno dopo l’altro i paesi europei, ponendo una sfida militare strategica alla NATO e quindi agli USA, significa ignorare totalmente limiti strutturali della potenza russa (economici, militari e riguardanti l’equilibrio di potenza in Europa). Stati Uniti e Russia hanno fatto il possibile per limitare i rischi di incidenti che avrebbero potuto provocare il coinvolgimento della NATO nel conflitto; la stessa invasione dell’Ucraina è stata nelle intenzioni russe preventiva rispetto a un suo futuro ingresso nella NATO che l’avrebbe resa nei fatti impossibile.

Immaginare una Russia inappagabile nella sua sete di conquista non ha riscontri oggettivi né nelle dichiarazioni russe né nei documenti fino ad ora disponibili. Ciò che  contribuisce a rendere tali congetture largamente implausibili non sono considerazioni di carattere morale o ideologico ma i limiti oggettivi della potenza russa nell’attuale struttura internazionale.

La Russia ha difficoltà a conquistare il Donbass e si è ritrovata perfino la guerra in casa nella regione del Kursk; inoltre non avrebbe alcuna speranza di uscire vittoriosa da un confronto diretto con gli Stati Uniti.

Un articolo pubblicato sul sito del Quincy Institute for Responsible Statecraft fornisce convincenti evidenze sull’oggettiva inferiorità militare convenzionale della Russia nei confronti della NATO in Europa e mette correttamente in rilievo come l’attuale pensiero strategico russo riconosca di fatto l’inferiorità nei confronti della NATO:  “It seeks to deter NATO from attack, secure guarantees against NATO enlargement, and ideally move NATO forces back from its immediate borders”.

L’attuale confronto tra Russia e NATO in Europa pone comunque serie minacce alla sicurezza del continente:

” […] Current trends are not heading toward a stable and predictable new dividing line in Europe between a dominant NATO alliance and a weak association of Russia with a handful of ambivalent partners. Rather, they are on a course toward a renuclearized and volatile hybrid confrontation between a West that is less united and self-confident than it appears and a Russia that sees its stakes in this confrontation as existential and will, therefore, have incentives to exploit and exacerbate internal Western vulnerabilities”[3].

Si potrebbe obiettare che il comportamento della Russia non sia razionale e che quindi, nonostante lo squilibrio di forze, Putin potrebbe in futuro invadere altri paesi in nome di ambiziosi sogni imperiali. John Mearsheimer e Sebastian Rosato in un recente saggio hanno sostenuto con argomenti convincenti che quasi sempre gli Stati agiscono in maniera razionale e che le decisioni di Putin e del suo entourage non hanno fatto eccezione. Beninteso, il fatto che gli attori statuali agiscano in maniera razionale non significa che le loro scelte di politica estera siano “condivisibili” e non bisogna d’altra parte confondere la razionalità con il successo o la moralità: “[…] Rational policies can violate widely accepted standards of conduct and may even be murderously unjust”[4]. La razionalità presuppone una certa prevedibilità e la guerra tra Russia e Ucraina era purtroppo ampiamente prevedibile. Al contario, un’ipotetica invasione della Russia nei confronti di paesi NATO sarebbe una decisione chiaramente irrazionale.

Affermare che non vi sono evidenze che provino la verosimiglianza di future guerre in Europa condotte dalla Russia contro paesi NATO ovviamente non significa giustificare l’invasione dell’Ucraina, che ha rappresentato una plateale violazione della legalità internazionale, ma ci permette di collocare in una dimensione realistica le attuali guerre e turbolenze internazionali al fine di provare a comprenderle e contestualizzarle nel modo più oggettivo possibile. La reductio ad Hitlerum della Russia e della sua leadership politica impedisce sul nascere qualsivoglia dibattito sulle possibili soluzioni diplomatiche al conflitto in corso, mettendo contemporaneamente un velo sulle corpose responsabilità occidentali sia precedenti sia successive all’invasione del 2022.

Il confronto geopolitico tra Occidente e Russia viene spesso dipinto da giornalisti o studiosi di scuola liberale come uno scontro tra “democrazie” e “autocrazie”, inserendo Cina e Iran nel medesimo calderone. Poco importa che le potenze occidentali non rinuncino a stringere alleanze con potenze autocratiche di vario tipo (in questi casi però non si mette certamente in rilievo l’autoritarismo dei regimi alleati).

In Russia sta assumendo sempre più rilevanza una narrazione di ascendenza slavofila caratterizzata dalla sottolineatura di uno scontro con l’Occidente su basi contemporaneamente geopolitiche e culturali: la Russia starebbe difendendo i valori fondanti dell’Europa cristiana contro un Occidente liberale sempre più ‘degenerato’. Tale narrazione geopolitico-culturale, minoritaria negli anni precedenti in Russia, sta oggi assumendo una crescente rilevanza come conseguenza del conflitto in corso.

Queste due narrazioni, per quanto opposte, sono accomunate da una comune stigmatizzazione politica dell’avversario geopolitico: per quanto profondamente differenti sul piano teorico, hanno in comune il fatto che pretendono di spiegare gli avvenimenti in corso senza di fatto spiegare nulla: nel primo caso sulla base di astratte categorie politologiche che fanno riferimento a un presunto ordine internazionale liberale mentre nel secondo caso sulla base di deliranti narrazioni di matrice geopolitico-culturale.

La storia non può essere gettata nella pattumiera in nome di principi astratti, poiché prima o poi essa busserà alla nostra porta e risulterà impossibile fermarne il corso. Risulta quindi importante considerare la dimensione storica dei conflitti, inserendoli contemporaneamente all’interno di una determinata struttura internazionale.

Al fine di comprendere i potenziali rischi del conflitto in corso, risulta utile  riflettere sul cosiddetto security dilemma, categoria del realismo politico coniata da John Herz[5] in riferimento a una situazione in cui gli Stati, incerti sulle intenzioni altrui, si armano al fine di massimizzare la propria sicurezza. Si mette così in moto un circolo vizioso tra sicurezza e potenza in cui ciascuno Stato, mentre aumenta la propria percezione di sicurezza, di fatto riduce quella degli altri Stati, i quali a loro volta cercheranno di armarsi per aumentare la propria sicurezza: i mezzi di uno Stato per aumentare la propria sicurezza rappresentano quindi una minaccia per altri Stati, i quali risponderanno riarmandosi a loro volta. Entrambe le parti paradossalmente si ritroveranno meno sicure rispetto alla situazione di partenza. Come ha scritto Kenneth Waltz, “un dilemma non può essere risolto, può essere soltanto affrontato, più o meno prontamente”[6].

Stephen Walt in un articolo del luglio 2022 scrive:

Tragically, this is pretty much what happened after the Trump and Biden administrations ramped up the flow of Western weaponry to Kyiv: The fear that Ukraine was slipping rapidly into the Western orbit heightened Russian fears and led Putin to launch an illegal, costly, and now protracted preventive war. Even if it made good sense to help Ukraine improve its ability to defend itself, doing so without doing very much to reassure Moscow made war more likely”[7].

Il dilemma della sicurezza può quindi essere applicato al conflitto russo-ucraino e in generale alle tensioni militari tra Occidente e Russia.

L’attuale corsa al riarmo proposta da alcuni leader europei non farebbe che acuire le tensioni militari con una superpotenza nucleare che, a sua volta, risponderebbe con una maggiore militarizzazione dei confini. Le tensioni continuerebbero a prescindere dalla leadership politica che ci sarà nei prossimi anni a Mosca: si tende infatti a personalizzare eccessivamente lo scontro geopolitico, come se Putin da solo tenesse le fila della politica estera russa.

L’alternativa – certamente non facile – è quella di lavorare per un accordo sistemico riguardante la sicurezza europea che comprenda le esigenze di sicurezza sia dei paesi storicamente avversi alla Russia che della Federazione Russa. Le incognite sono tante, soprattutto di fronte alla novità rappresentata dall’amministrazione Trump, ma certamente la strada del riarmo europeo in ottica antirussa servirebbe soltanto ad acuire le tensioni già in atto, aumentando l’insicurezza reciproca e quindi  il rischio di conseguente escalation  bellica.

L’inconsistente analogia storica tra il patto di Monaco del 1938 e le attuali trattative tra Stati Uniti e Federazione Russa si configura come un chiaro esempio di uso politico della storia. Tale analogia, se presa alla lettera, renderebbe di fatto impossibile ogni futuro accordo sia temporaneo che sistemico con Mosca (come si potrebbe giustificare mai un accordo con un “nuovo Führer”?).

Le classi dirigenti europee fino ad ora hanno rinunciato ad avere un ruolo di mediazione nel conflitto russo-ucraino e adesso, di fronte allo shock rappresentato dalle prime posizioni assunte da Trump, sembrano incapaci di formulare un pensiero strategico. Una corsa al riarmo europeo in ottica antirussa servirebbe soltanto a suggellare il fallimento della costruzione di un’Europa politica capace di svolgere un ruolo di primo piano nelle relazioni tra l’Occidente e le potenze emergenti di cui la Russia, che negli ultimi anni si è avvicinata sempre più alla Repubblica Popolare Cinese, fa parte a pieno titolo.

I drammi della guerra in Ucraina, dalla guerra civile all’invasione russa del 2022, non devono fare perdere i lumi della ragione o servire da alibi autoassolutorio per le potenze occidentali poiché esse non hanno fatto nulla per provare a prevenire e poi a frenare questo conflitto.

Federico La Mattina


[1] Cfr. D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, Bari, 2013, pp. 172-176.

[2] P. Kennedy, Ascesa e declino delle grandi potenze. Un classico del pensiero politico contemporaneo, Garzanti, Milano, 1993, p. 469

[3] G. Beebe, M. Episkopos, A. Lieven, Right-Sizing the Russian Threat to Europe, in “Quincy Institute for Responsible Statecraft”, 08/07/2024.

[4] J. J. Mearsheimer, S. Rosato, How States Think. The rationality of Foreign Policy, Yale University Press, 2023, prefazione p. x.

[5] J. Herz, idealist Internationalism and the Security DIlemma, in “World Politics”, vol. 2, n. 2, gennaio 1950, p. 157.

[6] K. N, Waltz, Teoria della politica internazionale, il Mulino, Bologna, 1987, p. 340. Si veda anche J. J..Mearsheimer, La tragedia delle grandi potenze, Luiss University Press, Roma, pp. 65-66.

[7] S. Walt, Does anyone still understand the “security dilemma”?, Foreign Policy, 26/07/2022, https://foreignpolicy.com/2022/07/26/misperception-security-dilemma-ir-theory-russia-ukraine/.

Di:

La Fionda è una rivista di battaglia politico-culturale che non ha alle spalle finanziatori di alcun tipo. I pensieri espressi nelle pagine del cartaceo, sul blog online e sui nostri social sono il frutto di un dibattito interno aperto, libero e autonomo. Aprendo il sito de La Fionda non sarai mai tempestato di pubblicità e pop up invasivi, a tutto beneficio dei nostri lettori. Se apprezzi il nostro lavoro e vuoi aiutarci a crescere e migliorare, sia a livello di contenuti che di iniziative, hai la possibilità di cliccare qui di seguito e offrirci un contributo. Un grazie enorme da tutta la redazione!