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L’unica parlamentare statunitense che disse no alla Seconda guerra mondiale

Il nome di Jeannette Pickering Rankin forse non dirà molto a coloro che non siano appassionati di storia statunitense o del movimento per i diritti delle donne, eppure parliamo di un personaggio straordinario, e per più di una ragione.
Nata a Missoula, nel Montana, l’11 giugno del 1880, e scomparsa ultranovantenne il 18 maggio 1973, fu una politica e attivista statunitense, oltre a essere stata la prima donna a essere eletta al Congresso, precisamente alla Camera dei Rappresentanti, per due mandati non consecutivi. Non si sposò mai, probabilmente perché il suo impegno politico e sociale la assorbì completamente.
Laureatasi prima in biologia e poi in scienze sociali, il suo battesimo politico fu col movimento delle suffragette, nelle cui fila lottò per il riconoscimento del diritto di voto per le donne del Montana, che arrivò nel 1914. Circa due anni dopo, nonostante l’opposizione della principale organizzazione datoriale dello stato, la Rankin fu eletta alla Camera dei Rappresentanti nelle fila del partito Repubblicano, divenendo la prima donna a sedere nei banchi del Parlamento federale. Il suo primo mandato durò circa tre anni, per poi essere rieletta proprio in quel fatale 1941 (e sino al ’43), il che gli avrebbe consentito di esprimersi contro l’ingresso in guerra degli USA.
Il suo voto fu il coronamento di una lunga battaglia per la pace, che ne avrebbe fatto una convinta sostenitrice della lotta non violenta del Mahatma Gandhi. Nel lungo intervallo tra i due mandati parlamentari, la Rankin lavorò come lobbista e si impegnò per evitare il coinvolgimento del suo paese in nuove guerre, senza mai trascurare il suo impegno per il sociale, che sarebbe proseguito per tutta la vita. Si impegnò molto per migliorare le condizioni dei lavoratori in tutta l’America, e garantire assistenza sanitaria per donne e bambini, oltre che sostenere la lotta per i diritti civili, divenendo amica della moglie di Martin Luther King Jr., Coretta Scott King, e della cantante folk Judy Collins.
Il momento culminante della sua carriera politica, come accennavamo, fu il voto contrario, l’unico e il solo, espresso in occasione della dichiarazione di guerra al Giappone, subito dopo Pearl Harbor. E non fu un episodio isolato, visto che già nel 1917 la Rankin aveva votato – stavolta assieme a una cinquantina di colleghi – contro l’ingresso degli Stati Uniti nella Grande guerra. La lotta contro tutti i conflitti l’avrebbe accompagnata per tutta la vita, anche quando era cessata da ogni incarico ufficiale, e la Rankin fu sempre una fervente attivista per la pace, tenendo conferenze e incontri in tutto il mondo, battendosi prima di morire contro la guerra in Vietnam.
Quello che colpisce di questa figura, poco conosciuta ai più almeno in Italia, fu non solo il coraggio delle idee e le battaglie coerentemente portate avanti per tutta la vita, ma soprattutto la volontà di non accettare compromessi, magari per garantirsi una carriera politica, o altri vantaggi. Basti ricordare che i suoi sentimenti pacifisti le costarono le primarie del primo dopoguerra, quando si candidò per il Senato, unitamente alla “colpa” di aver osteggiato il potere di banche e grandi imprese, e alle numerose denunce e inchieste sul mondo del lavoro. Uno scenario che si sarebbe ripetuto anche negli anni Quaranta, quando quel famoso voto (388 contro 1), un raro esempio di coerenza, le costò nuovamente il seggio.
Per la cronaca, pur essendosi battuta per tutta la vita per i diritti delle donne, concordò senza riserva con le parole di una collega parlamentare quando affermò: “Non sono una signora. Sono un membro del Congresso”, con tanti saluti per il politically correct.
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